303 10 Giugno. ORIGINE BEILI DECIDE® DEGLI STATI 1TALUE L’ Italia, 1111 tempo signora del mondo, venne grado a grado decadendo dallo splendore primiero, per rendersi finalmente il ludibrio, e la schiava dei dominatori stranieri. Questa luttuosa rimembranza non può a meno di non iscuotere il cuore di tulli coloro , che son degni di aver respirato le prime aure di vita in questa classica e sventurata terra. Ma quegli a cui 1111 palpito di patrio amore infiamma ancora il senno, sente anco il santo dovere di dimostrare altrui le cagioni, che ci resero vili e codardi all’occhio di coloro che furono anticamente nostri seni, e ci tributarono omaggi. È dolorosa verità di latto , che noi stessi abbiamo a-perta la via a quelle orde, che traboccando giù dalle Alpi, 0 varcando le tempestose onde dei mari, sparsero la miseria, e lo sterminio nelle nostre belle contrade. Non il lusso, che ammollisce gli animi, non l’angusta sfera commerciale, non la volubilità della sorte che generosamente ammonta la codardia degli uomini, l'uron cagioni della nostra sventura. Noi, noi stessi aprimmo il fonte di nostre miserie, ed osiamo vilmente oggi lagnarcene. Noi, che nati su di un terreno, e sotto di un cielo, che spirano amore per ogni lato, ribelli ai consigli di natura, credemmo necessario di nutrire in petto quella idra delle sette orribili teste , che ci divorava le viscere. Gli odii clandestini e civili sconvolsero gli Stati d’Italia, ne stremarono a poco a poco le forze e prepararono inerme il collo della vittima al ferro micidiale di chi aveva sete di sangue, e del sangue noslro. La divisione degli animi ci rese prodi contro i nostri , e vili contro gli estranei, perchè colia lusinga di sostenere i nostri diritti insensibilmente ci oppressero. Allora 1’ Italia non più composta di un corpo solo, in Lulle membra concorde, mostrò aperte le sue sanguinose ferite, che facili accolsero il pugnale, che toglier ne doveva ogni traccia di vita. Si deposero col volger degli anni le armi, ma i cittadini d’Italia, in cui sempre si alimentò una particella degli antichi rancori, si rimandarono torvi gli sguardi fra loro, nè più si conobbero come Irateili. La lingua pure s’imbaslardi con incomprensibili dialetti, si mutarono foggio ;|1 vestire, si studiò il modo di variare i costumi, e tutto lu disordine, a-uarehia, debolezza, viltà. Ecco la origine vera della decadenza dei nostri Stali , e la morte della nostra aulica grandezza. Noi, come prefiche compre coll’oro, ei sia-®o assisi accanto alla sua tomba, e speriamo coi nostri lunghi, interiui-nabili, noiosi ululati di ridestarla alla vita? II pianto di Gocodrillo non basta, conviene scuotersi dallo ignominioso letargo, e sotlo il vessillo delle sante chiavi, tornar concordi, 0 fratelli. La nostra santa Religione lo vuole, il nostro amor patrio lo impo-Mostriamoci unanimi ancora una volta, e più non soffriremo Io scherno d> chi disprezza la nostra viltà. Amore e concordia sono la vita, e po» tenza dei regni, odi e fazioni civili sono d’ogni Impero la morte, It. G. 18 M, 47 - A. 1, N. 5,