486 più sacra tra le mie obbligazioni. Sta a voi clic la pagina, che io sto por scrivere, sia, come promettete, la più bella della storia d’Italia ! Bologna, 21 maggio -1848. Il commissario civile CAMILLO GOLIA. 28 Maggio. Chi fece sempre qualcosa in vantaggio della patria non disperò mai di vederla un giorno redenta dalle mani dello straniero. Ma certo ei presentiva con dolore le funeste eredità, che avrebbe lasciato all’Italia l’Au-slriaco, il quale si propose di seguire l’insegnamento di Faraone: opprimiamoli sapientemente. Quello di Francesco Primo e di Metternich era difatti un sistema d’oppressione; chè, non paghi di tenerci schiavi, fecero il possibile per educarci ad esserlo perpetuamente. E come pur troppo in molte cose vi riuscirono, sarebbero riusciti in molte altre, se il genio Italiano non si fosse tratto tratto reso ribelle alle imperiali regie pedanterie. Per mantenere servi i corpi, vollero rendere eunuco lo spirito degli Italiani. La nostra gioventù, nata per le libere creazioni dell’ingegno, vollero immiserirla con materialità pesantissime, con formalità puerili, con ridicole apparenze. Poi, consumata metà della vita alla scuola, essendo chiuse le vie d’ogni operosità produttiva, la costringevano ad accettare impieghi, nei quali il pensato lavoro era un’eccezione, e le sudate inutilità, la regola. Chi non conosce la burocrazia Austriaca, non può immaginarsi quanto certi ulfizii possano contribuire a rendere gli uomini inetti. L’Amministrazione Austriaca non era, per nove decimi, che un trascrivere protocolli dall’uno all’altro Ufficio, ed un seguito di controllerie, che generavano le infedeltà, anziché impedirle. Di qui le lentezze infinite, la nessuna iniziativa, il non sapersi addossare una responsabilità, il rimettere tutto alla forinola materiale, che salvava le persone quando anche avesse prodotta la rovina della pubblica cosa: e perchè questa poi era in mani straniere od irresponsabili, la sola cura in molti della paga e della pensione. Per questo molti uomini onesti ed intelligenti si saranno sentiti mancare il nerbo al mutar delle cose, ed impari ai tempi, non avranno saputo subito torsi alle vecchie abitudini, e porsi con tutta l’anima nell’opera di rinnovamento, eh’è duopo d’intraprendere. Questo che diciamo non è offesa ad una classe di persone, ma un effetto funesto dell’educazione che fecero pesare su noi tutti, e che ci conviene con ogni sforzo attenuare. La grandezza degli avvenimenti mise come una febbre d’impazienza nei nostri nervi: perchè questa non ci consumi, è d’uopo rivolgerla alFazione subitanea e costante, per fare i» pochi mesi quello che l’Austriaco nè faceva, nè lasciava fare in molti anni. I giovani soprattutto devono a se medesimi ed alla patria un raddoppiamento di attività, che li purghi da ogni tedescume, e li renda degn» dell’Italia libera.