465 frite il destro di smentire con atti di generosità più fruttuosi d ogni computo mercantesco, smentire un calunnioso sospetto. Voi non opponete all’unità d’Italia dal vostro canto impedimento nessuno, perchè 1’ unità delie nazioni non è cosa in vet o che si possa 0 tardare per gl’indugi, quand’anche colpevoli fossero, d’uria città sola, o per immeditati suffraga consumare. Da cause tali non dipende il destino de’popoli, grazie a Dio. E que’che incolpano Venezia dell’avere tardata d’un attimo codesta benedetta unità, maledicono a Carlo Alberto; perchè vengono a ragionare così. « Se Venezia si dava al » re, avrebbe il re dato soccorso alle provincie, allora unite a Venezia. Egli lo poteva, 5? e non volle. ìi Ma lasciando stare le incaute accuse di cotesti favoreggiatori pericolosissimi, io dico, che quand’anco Venezia non avesse gridato per a tempo il nome ili Repubblica, non però l’unità d’Italia, per via dell’aggregazione al Piemonte sarebbesi compiuta in un lampo; giacché conveniva primieramente dare a conoscere alle divise genti del popolo Italiano chi fosse e che operasse a prò’ di noi Carlo Alberto, del quale 1 più tra gl’italiani sapevano appena il nome, e taluni avevano concetto non buono. Ma Venezia non Ila ella forse, annunziando provvisorio il governo suo, lasciato alla nazione l’arbitrio del mutarlo? Ha ella con minaccie od insidie o pur con semplici esoi'f tazioni tentato le provincie che aderissero alla Repubblica? E quand’elleno, dopo l’accessione spontanea, mutarono, prima del prestabilito tempo, bandiera, son esse che si dolgono d’essere da Venezia abbandonate, ed invocano la sacrosanta parola unità, come se potesse diventare uno mai popolo non unanime. Delle quali accuse è tanto manifesta la crudeltà e l’ingiustizia, che il ripeterle basta a ribatterle. E nel dolore per esse destato è pure un conforto il pensiero che chi adopra arine tali, chi tanto accanitamente s’ avventa contro un paese afflitto dalla guerra, minacciato dal nemico, un paese che non ha provato nessuno, che ai provocatori non rispondeva perchè de’comuni dolori occupato; chi questo fa, troppo apertamente confessa non essere tanto disprezzabile quel principio a cui si dà tanto peso. Per rispondere a quelli che insistono, gridando Venezia essere stata la pietra di scandalo, converrebbe discendere a troppe particolarità irtorno a quello che ciascun de’Ministri fece e pensò nel primo mutare e nello svolgersi delle pubbliche cose in questi tre mesi di tempo: particolarità da serbare a stagione diversa. Nel deporre (c tutti sanno eh’ io 1’ avevo già dal primo mese bramato ; ma per non cagionare disordini con lo scindersi del ministero , mi tenni ) , nel deporre 1’ incarico del pubblico uffizio , 10 posso , quant’ altri, invocare con fronte sicura la coscienza d’ ogni probo cittadino , che attesti delle intenzioni mie nè ambiziose nè cupide, c del sacrificare eh’io feci quotidianamente le care abitudini della mia vita, e il tempo, e le forze, a quel che a me pareva essere ( e sieno scusali gli errori ) il comune decoro. Ed appunto per riguardo al decoro-comune , e per pietà di questa patria non so se più nobile od infelice , io deploro le illiberali ed illecite dimostrazioni che fece del suo desiderio pai te della guardia civica in armi ; deploro il tristo spettacolo dato a nemici da questa città a me diletta, che aveva a scuotere da sè il peso di memorie durissime : c se voi non la soccorrete , o cittadini, del vostro senno coraggioso , 1’ aggraverà più che mai codesto peso più duro che di catena. Appunto per questo eh’ io senio come l’intempestiva deliberazione della quale si tratta , sarebbe pregiudicievole al comune decoro , per questo io le do contrario il mio voto. Una sola ragione è addotta di quello ond’ io dissento: l’urgente necessità. La quale parola, recala in piano linguaggio, non ha altro senso che questo: Decidiamo subito, per timore, che, se s’indugia, Carlo « Alberto , l’Italia , e le nazioni tutte d’Europa, congiurate, ci abbondiamo all’ Austria «. 1 contratti che stringe il timore son da ogni legge umana e divina annullati ; e noi vorremmo, deliberando tra il romor del cannone austriaco e il rornore del cannone sardo, far cosa che obblighi non solamente il destino nostro , ma il destino d’Italia , 11 destino de’successori nostri, che, cessato il timore e la speranza, ci chiameranno a sindacato, e ci graveranno d’un giudizio tremendo. Qualunque determinazione voi foste in tale frangente per prendere, o cittadini, sarebbe edilizio fondato in arena, e il domani potrebbe mutarla con comune onta e dolore : perchè il timore non può nè unire gli animi nè collegare le provincie nè porre fermo fondamento agli Stati. L’unità vera si farà, non temete; ina per altri modi più degni: e se un grande c foite stato s’ ha a comporre in Italia , saprà bene comporlo il pensato amore e la spontanea riconoscenza de’ popoli. Se Carlo Alberto ( io direi a certuni che qui non sono ) ha a esservi re , cominciale dall’ onorarlo del vostro rispetto , non gli gettate in faccia la corona come un’arme d’offesa, stimatalo capace d’un’opera generosa. Credete ai- T. II.