Un buon cittadino non può però tacersi più a lungo, dacché l'abuso della parola e. delta c scritta, e stampata nella sua multiformità varia, inconcreta, esagerata, non lascia dubbio, che le mene dello straniero sieno riescite persino nella deplorabile anarchia delle menti. Si tentò più volte colla diffidenza, e colla impazienza di provocare anche l’anarchia popolare, ma questo buon popolo veneziano vinse ogni provocazione, astraendosi da ogni altra idea, e a quella a lui preziosa attenendosi della liberazione, ed immancabile conservazione libera ed indipendente di questa sua città portentosa. Sarà però immancabile, se conservandovi come foste sempre Italiani, vi conserverete anche Veneziani. Sarà ini* raancabile se aggradendo la soccorrevole cooperazione altrui, il vostro coraggio, il personale vostro valore, il vostro braccio sarà di questa vostra città scudo e difesa. Vi fu chi si allarmò del nome di Repubblica proclamata il a a marzo in Venezia. Vi fu chi mostrò questo allarme a pretesto. Vi fu chi lo colse, e lo fomentò quale proditorio mezzo di ostilità contro la concordia, e la indipendenza d’Italia. Li primi devono essersi disingannati dopo le nitide reiterate dichiarazioni del Governo provvisorio; li secondi dominati dai loro Comitati non esclusivamente provinciali, ne abusarono per erigere il sempre fatale municipalismo: li terzi continuarono a gioire di tanta dissoluzione e discordia, quali armi potentissime a rovesciare il programma della nazionalità, unità, indipendenza italiana. Ma basta: questi delirii, queste arme sonosi da se stesse spuntate. Resta isolata Venezia, Venezia sola superiore ad ogni calunnia, che tentasse metterla in prospetto o di quella Repubblica che fu, o di nuova Repubblica dominante, o Metropoli neppure del suo Estuario. La stessa popolosa e laboriosa Chioggia non è, nè deve essere che una tenera sorella gaudente della sua propria, e comune condizione, senz’ altra gara fuori di quella della preservazione alla Confederazione Nazionale Italiana di questo impenetrabile Estuario, rifugio originario della libertà, asilo sempre aperto, ed anche adesso, ai liberi fuggienti le catene e la barbarie dello straniero. Venezia insomma è il Palladio d’Italia, quale fu a Troja il simulacro di Pallade. Messina, che pure svin-colossi eroicamente, mira intrepida sopra di sé il baluardo non di Sicilia, non d’Italia, ma della Regia tirannide bombardatrice: la eroica Palermo distrusse quello, che la soprastava; ma nemmeno essa senza li fortissimi petti dei suoi cittadini è di Sicilia, e di Italia impenetrabile scudo. Mantova, Verona formano il nido degli oppressori stranieri. Genova e le altre città fortissime subalpine furono pur troppo impotenti a conservare il libero germe italiano. Venezia, quale Roma conservatrice nei libri Sibillini dei suoi alti ed eterni destini, è preservatrice e conservatrice di quelli più giusti, e più misurati della nazionalità, ed indipendenza d’Italia. Venezia appartiene a tutti li popoli italiani, a tutti li rispettivi loro Governi, qualunque siane la forma. Essa non poteva per istinto, e per diritto abjurare nel prodigioso, e coraggioso suo risorgimento la mai spenta, e solo da nefanda congiura diplomatica per 5i anno carcerata, e sepolta forma Repubblicana. Più appropriatamente che in Francia può dirsi qui, che la Repubblica si promulgò da se stessa. Del 22 Marzo di Venezia scriveremo dappoi. 11 valoroso esercito Piemontese condotto dagli intrepidi suoi Principi, l’animosa gioventù governata, c benedetta da quel Grande, che il primo Pontefice fu, che non discendesse a politici confronti fra stranieri, e stranieri; ina indistintamente tutti desiderò, c desidera fratelli, e non sopra la nazione italiana alternativamente dominanti: Ìuei Siciliani caldissimi della loro libertà, accorsi a propugnare quella di tutti : quei oscani, che come gli Spartani alle Termopili diedero impulso alla vittoria di Mantinea, così colla eroica loro resistenza a Curtatone assicurarono l’opportuna vittoriosa difesa li Goito: quei Napoletani sdegnati del contro ordine del fedifrago loro Re a quell’esercito di terra e di mare promesso, spedito, ed inoltrato per difenderla: quei di oltre Pò derisori della ridicola alleanza dei loro Duchi coll’Austria, stanno con petto forte, ed animoso sotto le stesse bandiere italiane. Ma gli sforzi riuniti di tutti questi, che sgomineranno certamente, perchè così Dio vuole, dalle tane dell' Adige quei feroci, di quant’altri, e forse inutili sforzi a scacciare lo straniero non farebbe d’uopo, se questa inaccessibile Fortezza, e serie di Forti fatti dalla natura, c dall’arte, fosse ancora in sue mani. Non evvi alcuno dei popoli d’Italia, alcuno dei rispettivi loro Governi, che non conosca siffatta verità. 11 magnanimo Carlo Alberto è il primo a conoscerla. La esecranda defezione del Borbone di Napoli rese impossibile pe.r il momento impedire, che si ampliasse la invasione del Veneto col muoversi dalla strategica posizione del Mincio, e dell’ Adige imponentemente raccomandata. La flotta Sarda però dissipò ben pi esto assieme colle reliquie della nostra il vantato blocco, invertendolo contro Trieste; ed a- T. 11. 26