Augel rapace la bifronte ascose Sul cor balzante pel timor, lasciando Scettro e corona, che cadean nell’oncia; K aperti i vanni, non fendè le nubi Otial pria solea, ma del marino augello Rasente ai fluiti spiccò il volo e sparve. Gioite ombre d’Kroi, libera è questa Sjnti terra di gloria e di martirio; Così 1’ Eterno agli oppressor tiranni Fe' tranghiottir il minacciato atroce Giudizio statario. Ov« son essi I cento c poi cinquanta mila prodi Che macchinaro ruinar la figlia Prediletta di Pio? E i folli vanti, E il vaticinio stolto che l’Italia Non fora unita più? l’Italia è unita. « Essa non è più di dolore ostello: ji È nave con nocchier che i venti sfida: È donna di se stessa, e ognor più sempre Libeia e grande Ila, che già sorelle Snn l’invitta Milan, Genova forte E Palermo e T orino e Flora e Roma. Ogni popol che il mar acchiude e l’alpe, Pio redense c congiunse. — So! per lui Sopra il monte tarpèo Roma rialza La calpestata fronte, e quanto il sole Nel suo corso trascorre, misurando Con uno sguardo fulminante esclama «Tutto er4 mio quel cheil tuo raggio indora.» Indi fissando' il suol, la destra sporge Sulle mute reliquie, e dipo lungo Silenzioso contemplar, soggiugne — « Le tombe son lia le ruine involte, Ma quella polve è la polve dei Bruti. Esci dal fango o neghittosa prole Dei Calori, dei Corneli, dei Marcelli, Squarcia il ve! che t’avvolvc, spezza il giogo, T’arma la destra e sull’Adriaco lido Vola a fugar il Nordico ladrone Glie la sorella mia con man cruenta Copre d’ orrori non uditi mai. » Disse, e d’armati eroi tosto un torrente Dal Campidoglio alla Vinegia scese Precipitoso, e sacramento bau essi Di non lasciar vivo un tedesco solo Di qua dall’alpi; e a vendicar la chiesa Profanata del Cristo, inseguir anco Nelle lor tane le feroci lupe Che nulla ebber di sacro e inabissarle Nell’inferno onde uscir, che quella razza E razza di demoni. — Un folle vanto Questo non è, nè vana speme: il giusto Che n’aprì gli occhi, nc vorrà felici: l‘i benedì quell’armi, e i colpi loro Non fu che un prode sol commetta al vento. ^ vie più ravvivar l’ardir guerriero 2H Negli ardui cimenti, alzano il grido Di religion gli Apostoli di Pio (i). La lor Voce evangelica e possente, Fragorosa qual tuon i petti scosse De’figli di Vinegia, armi chiedendo, Armati e oro. E n’ottenea l’intento, Che pe’nepoti di famosi eroi Non è la rocca e il fuso (2), ma la spad», E se i Romani han bajonetle acute Sì che al demonio romperian le corna (j) I Veneti hanno un cor adamantino In cui si spezza del tedesco il ferro. E se di Brenno al duro e crude] patto (4) Le matrone e le vergini di Roma Spogliarsi d’ogni gemma, anco le donne Di Vinegia mostrar che quando parla Della patria il bisogno, non han nulla Che nonsiad’essa(5).-Ea più sublime esempio II mendicante, l’obolo accattato E la cenciosa giubba, sull’altare Delle offerte depone, e seminudo E in un digiuno, al suo tugurio torna (li). Nè 1’ebro amante addormentato giace Sul sen d’Armida (7), che già l’armi ei vest« Desioso di pugna e di vittoria. Non un capei le Dalide tedesche Ai Sanson nostri recideano: invano A mal opre qui venner (8); nelle vene Il prode ha tutto il suo vigor, nc mai L’Itale donne si giovar di vili Arti a prò della pallia, e rigettato Ognor costanti lo straniero amplesso. Nè più dell’Austria puttaniere (g) il clero h schiavo ornai, nè più strumento c rio Di tenebrose frodi, nè più strelto E il sacerdote a far la spia; nè il ricco Profonde più pel canto e per le danze GK averi suoi (10). E se talun, già cieco D’atnbizion folle, al titolo di Prence (11) E ai sozzi onor di corte, immolar seppe Tesori e affetti, mostrerà ben oggi Qual sia ’I dover di cittadin, e mula Renderà la calunnia. A tutte prove Ogni un garéggi a sostener l’impresa Di libertà, che dove parla il santo Amor di patria, ogn’altro affetto è muto. E se bastano ardir, valore e senno (12). Non sarà, nò, che dentro ad una gabbia (i3) » Fere selvagge e mansuete gregge S’annidin più, nè che gema il migliore» Avrà leggi l’Italia, Unione e Forza Per risalire alla sua gloria antica, E chi lei calpestò ti a che ne tremi: Disciolto alfin di schiavitude il nodo Altro ne strinse universale un patto Nc varranno Alessandri onde spezzarlo. ANNOTAZIONI, (1) Cioè Padre Gavazzi e Padre Bassi. (a) Parole di Gavazzi.