340 VENEZIANI! Ora che tanti valorosi figli d’Italia si trovano tra voi, acclamatissimi per ospitalità, accarezzateli, intendetevi, sicché vieppiù si stringa tal vincolo benedetto da PIO. UN VENEZIANO. 47 Giugno. al Marchese Antinori Segretario della Società Artistica in Roma LETTERA D’IPPOLITO CAFFI. Era il dì ventiquattro marzo, giorno in cui l’immortale PIO IX benedisse le milizie romane, le quali dovevano immediatamente partire per la Lombardia, onde combattere per la causa santa, quand’io lasciava Roma percorrendo l’Italia, arringando il popolo per tutte le città, perorando per la causa comune, stimolando tutti a concorrere per la sua liberazione. Salutai le città venete sollevatesi tutte con maraviglioso entusiasmo; corsia Palmanova, fortezza che i Veneziani costrussero contro F invasione de’bar-bari, e tosto mi misi sotto gli ordini del valoroso generale Zucchi; il quale udita la mia ferma intenzione di battermi, mi consigliò di unirmi coi Crociati Bellunesi, co’quali mi sarei trovato sollecitamente sul campo contro i feroci nemici. Accettai di lieto animo il consiglio, e subito partii per Jalmico, villaggio distante un miglio circa da Palmanova, e mezzo miglio da Visco, paese di confioe illirico, e posizione occupata dai soldati austriaci. — A Jalmico fui il bene arrivato, chè quei tanti miei amici nr'accolsero con ogni prova d’affetto. Là passai alcuni giorni sospirando il momento di battermi; ed intanto ogni giorno cercavamo di fare qualche scorreria oltre il confine per fare qualche preda. Avvenne nel dì 45 aprile che varii picchetti di croati vennero verso noi, mentre che noi cercavamo di loro, tenendo, senza saperlo, una via diversa, perchè eravamo privi di buone e sicure spie ; ma ciò però non tolse che verso le sei pomeridiane non si trovassimo in fronte gli uni agli altri, per cui venuti alle mani abbiamo scambiato una trentina di tiri; i quali sebbene fossero proprio i primi che a noi toccassero di fare, nonostante ci aveano messo una sete ardentissima di attaccarli come leoni. Il di vegnente, giorno delle Palme, il quale ci richiamava La memoria de’ tristi dolori Con cui Cristo redense la terra nulla ci accadde di nuovo, sennonché eravamo contenti e allegri, aspettando, con uguale desiderio degli Ebrei il Messia, il momento sospirato di bat-