437 Leti. Ed io come amico ti accolgo, e li faccio buon viso. Ma sai tu quale gravissimo impegno assumi col titolo che porli in fronte? Come potrai tu essere imparziale davvero se prendi a parlare dei pairii destini, rispetto ai quali ciascuno ha una opinione e questa cerca , anche senza avvedersene, di far prevalere? Gior. In tulle te scienze, se le matematiche ne togli, bene pochi princtpii si danno così evidenti che riesca temerario o superfluo il sottoporli a nuovo esame. D'altronde sulle materie di diritto pubblico e delle genti si disputa forse meno dei principii che dell’applicazione loro, e in ¡specie delle nuove conseguenze, che l’esperienza insegna potersene o doversene trarre. E se, come tu dicesti, ognuno tende a sostenere la propria opinione, vero è non pertanto che ogni buon cittadino deve rinunciarvi ogniqualvolta, da sè o per altrui insegnamento, pervenga a riputarla fallace. Chi poi non sa che da saggio è il mutare consiglio per mutazione di eventi ? Or bene io credo di poter esser imparziale perchè verrò esaminando, senza amore e senza odio, le opinioni e i principii, che oggidì formano il tema di tante parole, per lasciare poi a te di riconoscere quali abbiano faccia di vero. Leti. E ancor più mi spaventi per te medesimo poiché tanto presumi di poter lare. Hai tu bene consultato quid valcant humeri, quid ferra recusent ? Gior. Di cose polìtiche ed economiche trattano molli che, per difetto di teorie e di pratica , non seppero mai che sia veramente un Governo , una pubblica amministrazione, un qualunque ministero, e il sociale edifìcio composto di tante molle così conteste fra loro da non potersene toccare una senza che più o meno si risentano tutte. Oh sventura ! Se taluno , che non fosse medico, si ponesse ad amministrare medicine, si alzerebbe da un capo all’altro della città un grido di vituperio, e le leggi punirebbero severamente l’audace che mette a cimento della sua ignoranza le vite degli uomini. E chi pretende reggere coi consigli o con altro poter suo i destini di un popolo senza conoscere 1’ arte fra tutte difficilissima del governare, non mette forse a repentaglio la tranquillità, la fortuna e spesso anche le vite de’ suoi concittadini ? Eppure questi consiglieri abbondano , e imbrattano le vie di carte stampate e assordano i luoghi di popolare convegno ; e molti sono anche lodati e altamente applauditi, perchè ben pochi uomini intendono da sè stessi le cose , mentre i più vedono cogli occhi altrui, si segnano con le altrui mani. Ciò essendo, ed avendo io già fatto qualche studio delle civili, politiche ed economiche discipline , mi giova sperare che , se non avrò lode , non avrò nemmeno biasimo ; poiché in fine io mi propongo , non già di sedere a scranna , ma soltanto di raccogliere i grani, di scernerli e porli sul tuo ventilabro. Leti. Voglia tu darmi un saggio di codesto buon ufficio tuo; dimmi che pensi dulie due grandi questioni che vanno ad essere dopo domani risolte nella Provinciale Assemblea , se cioè debbasi tosto , od a guerra finita, deliberare sulla presente condizione politica, e nel primo caso, se Venezia far debba uno stato da sè, od associarsi al Piemonte. Gior. Volontieri lo farò; ma prima poniamoci d’accordo sui fatti. Quando il Governo provvisorio della Veneta Repubblica con decreto del