380 polizia. Leccliesi e Viaiercalesi, armati di ronche, fecero prigioni a Monza da ottocento del reggimento Geppert, colla cassa del danaro, e colle carte, fra cui il piano d’offesa di Bergamo. I nostri contadini avranno a coprirsi pel verno venturo e per un buon pezzo con tanti cappotti tolti a costoro. Oh, Piero Capponi sapeva ben lui che minaccia fosse quella delle campane! Ài suon di queste rabbrividirono i Croati, a segno che, avendo èssi preso il campanile di San Bartolomeo, dal quale avriano potuto bersagliar i nostri postati ai portoni di Porta Nuova, non pensarono che a togliere la scala che menava alle campane, I colpi delle artiglierie dirige vansi ai campanili; tutti però sì male che le palle andavano perdute. Colpivano servidori, usciti a far le provvigioni; poveri vecchi inermi; curiosi imprudenti affacciatisi alle finestre o alle porte; mentre i prodi con un coraggio sconsiderato affrontavano i pericoli, gai in mezzo al fuoco, e a mira certa colpendo uno a ciascun colpo. Da principio occupavano le posizioni più eccellenti : i bersaglieri fulminavano dal duomo, dal palazzo del Marino, da ciascuna delle caserme; dal castello e dai bastioni ci colpivano le cannonate; dalle porte della città, tutte in mano loro, impedivano ogni ajuto, ogni comunicazione: ebbene; di posto in posto furono rincacciati (i). Il cannoneggiare seguitò quasi incessante per cinque giorni; tro vansi palle dappertutto; cinque nella sola casa Gonfalonieri; e non ab-biam quasi uiuuo ferito di cannone, e soltanto mura e porte e tetti rotti, oltre i vetri, cascanti come la possa dei tiranni. Migliaja di racchette e di razzi incendiarj, andarono si può dire senza e'ifetto. Colle bombe si erano famigliarizzati fin i nostri bambini, dimodoché consideravano come ventura di vederne alcuna, e correvano a tagliarne le spolette. Pare clic qui pure si fosse insinuata quell’immensa cancrena della corruzione, giacché le munizioni erano pessime e vecchie, arrugginite le armi, guaste le proviande. Che più? i fortini che testé edificarono davanti al castello erano più miserabili che qualsivoglia delle mille nostre barricate. Ecco il fantasma che da trecento anni spaventa e opprime i popoli, perchè i popoli non vi hanno mai fissato Io sguardo. La forza loro non era che nel tradimento. Tre o quattro volte delusero i Milanesi col fingere pace o d’arrendersi, poi li colpivano. Quel Neiperg, che da tenente aveva provocato i massacri del tre gennaio, ed era tornato in Vienna creato maggiore, cercò persuadere il Prina a venir seco in castello, intermedio di pace. Buon pel Prina che non gli credette, giacché il tradimento preparato apparve manifesto coll’essersi la costui casa presa principalmente di mira alle cannonate. A Monza e altrove persuadevano il Podestà o il deputato a riconciliar il Popolo, e come il videro disarmato gli si avventarono. Con questi riuscirono a offender dei nostri forse duecento; ma coll’assassinio un migliaio di vittime fecero; pagandole però con molte più dei loro. Nel solo ospedal maggiore vi souo quattrocento ottantuno feriti de’nostri; e cent’undici son morti a quest’ora: altrettanti forse nelle case, nelle ambulanze, e sulle vie. Ed or nella fuga continuano lo stesso sistema di viltà e di barbarie. Già n’ho parlato; e voglia Dio che sieno esagerate! Le popolazioni ne (i) L'eroismo della difesa è narrato nella seguente lettera.