8 « E l’opera doveva cominciare a Roma, anche nel caso che 1’ iniziatore di quella non fosse qui investito di un carattere pubblico. Roma e Venezia sono come i due fochi dell’ellissi italica, come i due poli della nostra vita politica. La salute d’Italia riposa nell’indipendenza dell’una, nella sapienza civile dell’altra. Roma e Venezia sono ora veramente italiane, perche il governo che le regge^ non rappresenta una tradizione di servitù, rafforzata da vecchi abusi e da straniera violenza: Venezia e Roma appartengono al popolo, e dal seno del popolo attinsero i lor magistrati la forza e l’autorità. Quindi è che, partiti da Roma tutti i rappresentanti degli altri stati, il solo inviato di Venezia rimase qui — perch’egli rappresenta un popolo libero, non un governo più o meno soggetto alla tirannide dei trattati, e alle perfidie della vecchia diplomazia. » E il popolo libero di Venezia si rivolge al popolo libero di Roma, a quel popolo che ha deposlo nelle urne elettorali venticinque mila proteste contro gli antichi arbitrii, e insieme altrettanti documenti irrefragabili della sua sovrana volontà. Altrettanto fece in questi giorni medesimi il popolo di Venezia; e questo è il più recente vincolo di fratellanza, che abbiamo stretto fra noi, senza parlar dell’antica comune origine e delle tradizioni comuni di libertà, di carità, di grandezza, che ci affratellano. Perocché i vostri padri, o Romani, fuggendo la rabbia de’barbari, fondarono Venezia, ed ivi difesero la propria vita e la propria libertà: onde si può dire che la libertà di Venezia è libertà romana, e Venezia ben merita il nome che le fu dato, quando fu chiamata la Roma del mare. « Su dunque: a questi antichi legami se ne aggiunga uno di nuovo. Qualunque cittadino di Roma s’acquisti un titolo alla cittadinanza di Venezia, eh’è quanto dire a quella d’Italia. Leggemmo che il catalogo dei nomi dei contributori sarà deposto, ad eterna memoria, nel Tesoro di S. Marco: il che sarà più glorioso ad essi, che non fu agli antichi pa-trizii, e a qualche principe privilegiato poter segnare il suo nome nel libro d’oro dell’aristocrazia veneziana. Quella è un’aristocrazia che cessa: quella che sorge sulle mine dell’antica, non avrà altri titoli che i servi-gii resi alla patria, e la carità civile, che avrà mostrato nei momenti di periglio e di pruova. » 2 Febbraio. DOVERI DI VENEZIA. « L’Assemblea di Venezia sarà fra breve raccolta. Fra pochi dì nelle venerande sale dei Dogi, in mezzo alle memorie eloquenti degli antichi fasti repubblicani d’Italia, si udranno parole che la nazione sta per raccogliere e giudicare. Noi auguriamo ai deputati veneziani che queste parole, sulle quali pesa tanta responsabilità, sieno, più che ogni altra cosa, italiane. Noi mentiremmo alla nostra coscienza tacendo che da quelle stesse sale altravolta, e non è gran tempo, ci parve venissero parole che troppo chiudevansi nello stretto confine del municipio. • » Venezia ha detto di recente, e non havvi chi osi dubitarne, anzi lo ripetemmo noi sempre: l’Italia è qui!