387 sappia come io penso, ed io sappia come pensa l’Assemblea; poiché, ;>l caso che voi vogliale affidarmi il carico (onorevole sì ma tremendo) di difendere questo paese, non potrei cerlainente assumerlo, e non potrei riuscire, se non ci fosse concordia fra l’Assemblea cd il Governo. Dirò dunque schiettamente quello che credeva non potesse esser dubbio per nessuno. Le mie opinioni sono oggi quelle che erano il 4 luglio, quelle che erano il 22 marzo; io non le ho mai rinnegale e no.i le rinnegherò mai. Ma ho detto, e ripeto, che, se noi vogliamo salvare Venezia e combattere il nemico, bisogna che questioni politiche, che dividono I’ uno dall’altro, non ne facciamo nessuna. Coi nemico a fronte, se noi discuteremo ora questioni, nelle quali siamo discrepanti, come potremo essere concordi per la difesa ed offesa contro di lui? Vi è un punto sul quale siamo tulli concordi; quello di nou volere l’Austriaco. Occupiamoci ora di questo ! ( Applausi fragorosi e prolungali.) Questo è il programma del 13 agosto, che fu dall’Assemblea approvato, e che il Governo ha seguito scrupolosamente lino ad oggi; ed io credo che sia opportuno seguirlo ancora. Se l’Assemblea concorda nel mio parere, allora, ma soltanto allora, potrò accettare l’incarico onorevole e tremendo, clic mi venisse affidalo I 11 rappresentanti: Tommaseo: Prevedevo, o cittadini, la necessità di fare sopra uno spiacevole argomento nuove parole; e le ho preparate in iscritto acciocché fossero più misurate al concetto dell’animo mio. Tanto più m’è facile usare moderato in linguaggio rispondendo, che sento la ragione essere dal mio canto. E quand’anco fosse in ciò sacrifizio, non peserebbe a me, che posso (senza vanto) affermare d’averne, per amor di Venezia, sostenuto più d’uno. Io non ho mai accagionalo il Governo di quello di ch’egli si scolpa. Ho distinto i governanti dall’Uffizio di Pubblica Vigilanza; e a questo slesso non rimproverai malvolere, ma sonno. Tulli sanno quante scritto offendenti il decoro di città libera si sien lette in questi giorni pe’ canti, scritte la cui uniformità e correttezza indicava altra mano che quella dell’onesto e povero popolo: tutti sanno che una stampa faziosa, senza nome d’autore ma col nome della stamperia, fu aneli’essa affissa pe’canti, c che l’autorità non curò nè punire l’atto colpevole, e nemmeno riprenderlo: tulli sanno il cartello insolente (insolente lo chiamai io, minacciose altre scritte) il cartello insolente appeso alla porla di questo palazzo, e che rimase lì per più ore: tutti sanno che grida di morte e di vitupero Girono impunemente scagliate contro alcuni degli eletti del popolo e le loro famiglie (e avrei bramalo che il biasimo di tanta indegnità da altre labbra uscisse prima clic dalle mie): tutti sanno che ventimila e più uomini di milizia a certuni parvero non poter difendere all’Assemblea la libertà de’suffragii, e a voi, cittadini, la % i t a ; e che, se l’altrieri la vostra fermezza non era, sarebbesi sparso per Italia il grido che i tumulti della piazza fecero alla coscienza vostra turpissima violenza. I fatti ac-eennali sono riconosciuti per veri da molli de’ nostri colleghi, e la co-