457 fedele, fu di rimuovere gli ostacoli al conseguimento di quel volo. Questi ostacoli si riassumono tutti nella dominazione dell’Austria sulle provincie lombardo-venete, e nell’influenza, ch'essa, più o meno apertamente, aspirò sempre ad esercitare, ed in effetto esercitò ne’vari Stali della Penisola. Venne perciò naturale che la rivoluzione italiana vedesse nell’Austria il suo principale nemico, c che contra di essa riunisse tutti i suoi sforzi. Potevano i Governi italiani, se anche l’avessero voluto, disdire quel voto della italiana rivoluzione? Le considerazioni più spontanee e più gravi conducono alla persuasione, che noi potevano; e meno allora che in qualunque altro tempo. Perocché i popoli, i quali avevano appena da’ Governi ottenute quelle instituzioni liberali, di che era si antico in Italia il desiderio e il bisogno, col forte amore della nuova libertà sentivano del pari forte la persuasione che libertà vera non è se non ha base nella indipendenza. E però se di questa non si fossero mostrati i Governi saldi propugnatori, sarebbero i popoli entrati in dubbio della loro sincerità, e nelle stesse liberali instituzioni non avrebbero veduto che momentanee larghezze, le quali potevano di leggieri essere tolte a un mutare di circostanze. Oltreché non avrebbero potuto sottrarsi al timore che i nuovi loro ordini fossero del continuo avversati dall’Austria, sempre nemica in Italia alla libertà, perchè sempre vi riconobbe il principio distruggitore della sua dominazione ed influenza. Laonde è chiaro che non potevano i Governi italiani porsi alla impresa di metter freno ai loro popoli, se non facendo divorzio dai popoli stessi, e gettando i loro Stali in tutti gli orrori di una guerra civile, alla quale, come di consueto, avrebbero tenuto dietro i più grandi scompigli e la dissoluzione d’ogni ordine sociale. Dovevano ¡Governi italiani opporsi al voto de’popoli si chiaramente manifestato, in ossequio ai presunti diritti dell’Austria? Questi si fondano nel possesso e nei trattali. Ma, quanto al possesso, è pur sempre da cercare onde ripeta l’origine sua; quanto ai trattati, come siano stali posti, e come osservati. Innanzi tutto, vuoisi riflettere che origini assai diverse ha il possesso dell’Austria sui vari territorii onde si compose il regno Lombardo-Veneto. Perocché non è da credere che seriamente voglia l’Austria riferirsi agli antichi diritti che sull’Italia milantavano gl’imperatori di Germania: difilli che, ove pure si vogliano storicamente ammettere, sono stati interagente distrutti da quei (alti stessi e da quelle stesse stipulazioni, a cui 1 Austria più saldamente si appoggia per sostenere le sue pretese. Riprodurle i titoli di possesso dell’Austria per quelle provincie, che in addietro costituivano i ducali di Milano e di Mantova, sarebbe un rimettere in campo la disputa sulla legittima reversibilità de’feudi dell’impero; sarebbe un riportarsi ai principii di una giurisprudenza del lutto spenta, per decidere di una quislione viva e presente. Che se parlasi di quelle provincie, le quali formavano gli Stati di terraferma della repubblica veneta, il possesso dell’Austria emerge non fondato in altro che in uno di que’gran-di arbitri!, riprovati sempre dalla coscienza universale siccome ripugnanti a lolle le norme della giustizia e dell’equità, in forza del quale avvenne che due grandi potenze, facendone scomparire una piccola, s’acconciassero *u una questione di compensi territoriali. Ben sa il Governo Sardo quali