207 lello espressioni che non convengono colmici sentimenti; vi lessi clic il Papa, quantunque a Gaeta^ sia il sovrano pontefice romano, come se avesse portato nel corso suo la sovranità del popolo, siccome porta in petto un cardinale. Io non la penso così. (Segui d’approvazione.) Il Papa, dal momento che lasciò il potere esecutivo, dal momento che fuggì a Gaela, e rifuggì in paese estero, perdette ogni sovranità, ogni potere temporale, e non può più venirgli riconosciuto se non col consentimento del popolo. La questione dunque sarebbe, se convenga, o no, inviare questo rappresentante presso il Papa, o presso il popolo, lo non esito a dire che i popoli, che sono con noi amici, devono avere un nostro inviato che ci rappresenti. Non ignoro che presso i governi legittimi, e presso i pubblicisti che scrissero nel tempo de! dispotismo, regnava rigorosamente nell’Europa una legittimità nel lungo possesso, e nel possesso inconte-testato. Ma questo non era che il diritto della forza. Convennero la più parte di essi, sebbene ligii al dispotismo, convennero la più parte logicamente nel riconoscere che, allorché per qualche accidente questo diritto del possesso, che io chiamerò della forza brutale, cessava, il popolo ripigliava l’integrità della sua sovranità, e disponeva dì sè medesimo colla pienezza dei suoi diritti; e sapete perchè? Perchè la sovranità del popolo è inalienabile e imprescrittibile, in maniera che non vi può neppure volontariamente rinunciare, in quella stessa guisa che 1 uomo non può privarsi di vita; poiché l’uno sarebbe un suicidio politico, come l’altro è un suicidio materiale. Ora sarebbe il caso stesso di Roma. Roma ritornò nella pienezza dei suoi diritti, e dispose di sè, sì e come credeva che le convenisse. La quistione sarebbe ora di vedere, se convenga, o no, coltivare le relazioni col Papa, onde indurre una conciliazione col popolo romano. Ed anche qui non sono dell5avviso espresso nella dichiarazione del ministero ; nè credo che sia utile al riscatto dell’Italia l’adoperarsi, af-fiuchè il Papa ripigli il potere temporale. Noi abbiamo veduto questo Pontefice, sebbene di mite natura, tuttala non favorire menomamente la causa italiana, giovare anzi alla causa croata. Trovo che questo Pontefice sulla cattedra di San Pietro ebbe l’esorbitanza, la velleità di mettere le mani nelle cose degli altri stati; quantunque, ripeto, di mite natura, minacciò di scomunica il duca di toscana, se sanzionava la Costituente. Non possiamo dunque sperare da questo Papa un giovamento alla causa italiana. Che diremo poi, se rammentiamo i Papi passati? Noi vediamo un Papa, che per dare un marito alla propria figlia, opprimeva il P°polo di Ferrara; vediamo un altro Papa, che per ¡stabilire i ducati in capo ai suoi nepoti, opprime il popolo; un altro papa collegarsi coi ne-I''!C1 della Chiesa, versare il sangue della patria per opprimere la repub-ca di Venezia; vediamo infine i Papi chiamare le orde tedesche, chiamare gli Spagnuoli, i Francesi, per rovinare questa povera Italia. Io credo adunque che possiamo sperare niente dal Papa; invece coveremo degli ostacoli. Ma mi si dice: senza la riconciliazione del Papa 1 Popolo romano, noi avremo la repubblica. E che perciò? che cosa