274 appartenenza. Venezia, come esempio di fortezza allora, deve oggi esserlo di perseveranza. Vano, d’altronde, è il dissimularlo: coloro che ci attorniano conoscono appieno la posizione nostra, esperimentarono il nostro coraggio, sono istruiti del mestiere dell’armi. Di viva forza non saremo tampoco attaccati, ma il tempo ci combatte, e si attende dal tempo la nostra rovina. Oltre ciò, se essere non possiamo assediati, siamo però insidiali. L’esercito avversario è al margine delle nostre acque, alla soglia dei nostri (orti; al di dentro, pochi bensì, ma pur ve n’ha del suo partito; l’oro, l’ipocrisia e la paura potrebbero moltiplicarli, e col manto di patrio zelo tumultuar colla stampa, introdursi nei Circoli ed in questa aula medesima. Sarebbero questi gli approcci, le parallele , le batterie di breccia. Non di libertà ora è parola, ma di politica esistenza, combattuta da potente nemico, determinalo a tutto volere od a tutto arrischiare. Ei si forma alleali, temporeggia colle mediazioni, suscita e delude i popoli e loro Costituenti, richiama alle insegne veterani, coscritti, disertori, malviventi, che tutto è buono, e di tutto avvedutamente approfitta; spaventa, atterisce colle deportazioni, coi supplizii, strappa le armi e le risorse dalle mani dei cittadini, e lutti i poteri nel solo duce dell’armata tiene opportunamente conferiti. Lorquando lo credevate schiacciato, ei comprimeva le insorte sue città capitali, riacquistava le perdute provincie, ed ora due armate oppone, l’una ai prodi Magiari, l’altra al Ticino, ed a cui aperta è la via di Ravenna e di Ancona. Intanto a discutere di libertà , e del partito a seguire, qui siedono soldati, marinai, ufficiali, amministratori, anziché vigili ed attivi accudire ed assistere all’ordinamento, alla disciplina, alla istruzione delle milizie e delle ciurme, alla repressione degli abusi, all’ economia dei dispendi!, alle fazioni di guerra , mentre 1’ operoso inimico ascolta quasi le nostre voci, le nostre deliberazioni dai suo trincieramenti, mentre d’uopo abbiamo di forza, di azione, di celerità e soprattutto di segreto. Perciò nel senso appunto, ed essenzialmente, della difesa e della guerra, moderare deggionsi le discussioni, mantenere concentrato il potere, e tosto eleggere il nuovo governo di piena fiducia : oggi, se possibil fosse, piuttosto che domani. Gli avvenimenti stringono , s’ agitano le fazioni, insiste la diplomazia, si muovono le armate. Uno sviluppo politico, un interno tumulto, un moto di guerra, esser potrebbe imminente, giungere impreveduto. L’attuai condizione incerta, indeterminala, paralizza ogni azione , ogni ordine dello stato ; v’ è titubanza nel decidere , come nell’obbedire. L’istante che passa è periglioso, quello che segue potrebbe divenire fatale. Venezia alla fin fine non è che una vastissima piazza di guerra, in istato d’assedio, accessibile da mille parti a chicchessia, ed aperta alle esplorazioni di attento solerte avversario, inespugnabile soltanto finché il popolo sarà rassegnato, ed il comando robusto e risoluto. Nella guerra delle Alpi e dell’Appennino, Venezia è formidabile sito strategico, a portata della terra e del mare. Roma, Firenze, Milano esser possono invase e ricuperate, e non sono in grado ora di suffragare Ve-