3C3 eziandio sono alleggerimento al patire, m’era conforto il sentire dal mi-mistro lìastide ch’egli non permetterebbe mai che Venezia cadesse; sentire la promessa di lui ristretta si, ma ben ferma. E m’è conforto il rammentare che Luigi Napoleone visse a lungo in Italia, e per la libertà d'Italia combattè, ed ha italiana l’origine: onde pare che la Provvidenza gli abbia commesso il governo di Francia per dargli, fra le altre cose, agio ad espiare il mercato di Campoformio. La qual cosa io dissi a lui slesso, nè se n’offese. Ma in questo tempo che chiamano di libertà, siccome gli apparentemente più liberi son talvolta i più soggetti, cosi nell’apparente cd anco nella vera potestà è debolezza. A noi deboli, non è nè prudente nè dicevole avere in dispetto la mediazione, che sembra avviarsi verso un qualche principio di cominciamento; ma certamente era lecito e debito il desiderare c he le negoziazioni tenessersi non in Brusselles ma in Italia stessa, e il richiedere che non solo il Piemonte, ma e gli esuli italiani e i veneti, e singolarmente Venezia, fossero uditi. Il primo fu da me chiesto indarno; al secondo, spero si condiscenderà in parte almeno. Parlando a5ministri ed agli uomini politici d’opinioni diverse, a deputati e a scrittori, e scrivendo privale lettere e memorie, e ne’giornali, intesi, ripeto, dimostrare quanto lo scindere il Lombardo dal Veneto, come non pochi volevano, fosse cosa crudele, e fomite di violenti rivolgimenti in futuro. Per nostra sventura, i giornali più divulgati, avversi a noi, anche per istigazione d'italiani indegni, non avrebbero dato luogo alle nostre ragioni senza apporvi osservazioni da debilitarne o annullarne il valore; perchè ciascun giornale, quant’è più potente, tant’è più tiranno; e la censura, sbandita dagli ulìizii del governo, si disperde minuta, e tanto più noiosa, per lutto. Però non restava che indirettamente operare sull’opinione pubblica, e volgere verslo la nostra città gli sguardi svogliati o turbali di gente immersa nel pensiero de’proprii pericoli. Agli spedienli, ornai in Francia triviali, de’banchetti e de’Circoli, non ebbi ricorso, nè posi speranza nelle interrogazioni che qualche deputato amico all’Italia potesse nell’Assemblea indirizzare ai ministri; perchè ben sapevo che i ministri, i quali ne ricevevano noia, non le avrebbero degnate di risposta, nonché in fatti, in parole; nè l’Assemblea se ne sarebbe riscossa a prò’ nostro, agitata com’era dagl’interni suoi moti. Vano lo sperare soccorso di danaro da nazione in cui le angustie del tesoro erano principale sgomento. Ebbi, se il primo ministero durava, qualche lontana promessa. Ma intanto cercai se un prestito fosse possibile a condizioni non rovinose; e più profferte mi son venule di prestilo sui quadri che fanno di Venezia tulla un museo. Ma Venezia, anziché privarsi pure per breve tempo de’suoi monumenti, volle gravare sè stessa di nuove imposte, che saranno ricchezza vera al suo nome ed eredità d’onore ai nepoli. Parecchie offerte mi furono falle, altre interessate, altre fantastiche, altre buone ma troppo maggiori delle forze nostre, o di macchine militari p di sussidii o di militi córsi, greci, francesi, polacchi. Lungo sarebbe ed ¡«utile noverarle. Negli ultimi di del mio soggiorno in Parigi, chiesi ai privati miei conoscenti anche danaro alle necessità nostre, non già che po-