528 si studii il Vangelo. Questo è fonte inesauribile d’ogni virtù sociale e cristiana. Per questo avranno i nostri figli castigatezza di costumi, rettitudine di sentimenti, la vera religione del cuore per intimo convincimento, scevra da bigottismo e da pregiudizio, la dignitosa libertà dell’uomo; giacché il Vangelo insegna che l’uomo, nato libero, non deve soffrire il giogo di schiavitù; diguitosa libertà perchè, quando abbia per base la religione, non può mai degenerare in licenza. Vorrei, in somma, che la gioventù apprendesse non esservi religione senza libertà, uè vera libertà senza religione. Sono particolarmente da osservarsi le scuole tecniche, siccome quelle che sono istituite per la più estesa classe dei cittadini. Ma, ferino il principio che, non la quantità, ma la qualità delle materie può dare un utile risultainento, così anche in queste si tolga ogni superfluo, si tenga il buono, si faccia dovizia del meglio, affinché la gioventù esca dallo stabilimento istrutta davvero, e possa percorrere l’intrapresa carriera con prin-cipii fermi e sicuri. Nei ginnasii vorrei che la lingua italiana fosse efficacemente insegnata. Pur troppo in addietro fu negletta, dedicandosi tutto il tempo, o la massima parte di esso, all’ammaestramento della lingua latina. Conoscano pure i giovani la lingua di Virgilio e di Cicerone; ma parlino e scrivano correttamente la lingua dei padri nostri, che ci lasciarono in tutti i generi modelli pregevolissimi da seguire. Tutte le altre lingue straniere siano pure insegnate, ma di cattedra libera. Di storie patrie noi difettiamo. Bramerei che gli animi s’ingigantissero agli esempi delle nostre virtù e del nostro valore, che nelle storie d’Italia risplendono. Vorrei che i nostri figli, fin dalla prima gioventù, sapessero e si gloriassero d’essere Italiani. Leggano dunque prima la 110-stra storia, poi quella degli altri popoli, e specialmente di coloro ch’cb-bero con noi comuni la graudezza e le sventure. Col principio della semplificazione negli studii, e del miglioramento nella parte difettosa dei medesimi, credo che alcuna menda verrà tolta anche nel corso filosofico. Dalla quale semplificazione, spero, sarà ristretto anche il numero degli anni, in cui la gioventù è condannata a percorrere una carriera lunga, noiosa e pregiudizievole all’economia delle famiglie. Ma, se è necessario che studino i giovani per apprendere, è egualmente indispensabile che studiino i precettori per ben conoscere l’indole e l’inclinazione de’proprii alunni, e ciò onde non cadano nell’errore frequente di confondere una certa giovanile vivacità e fervidezza con un’indole perversa; di non ¡spingere verso una strada chi è chiamato alla strada contraria. Non si vedrà più allora voler per forza poeta chi è nato per le scienze astratte e positive, nè si vorrà uomo di lettere chi è chiamalo al mantice e alla fucina. Io non sarò così inesorabile nella mia sentenza, come lo fu un egregio nostro concittadino, il quale stabilisce che a cose nuove occorrono uomini nuovi. Io ho sentito da taluno degli attuali precettori, anche in tempi nei quali era pericoloso per essi l’esternare la propria opinione,