52 ed agli arbitri de’loro destini quella gran sentenza, non chi comincia, ma chi persevera, solo si può salvare. Il riformatore gerarca non comprese abbastanza l’altezza della missione, a cui lo chiamava la pienezza dei tempi. Credeva ad ogni concessione di aver finito; e quasi si pentiva di averla portata troppo oltre, appena si accorgeva che i popoli per una legge istintiva della umana per-fettibililà, gridavano • avanti, avanti. » Avvedendosi che le redini gli fuggivano di mano, e che l’impeto non era più iu caso di rattenersi, cominciava già a pentirsi della troppa fiducia, colla quale erasi abbandonato agl' impulsi di un cuore non latto per la tirannide. Spaurito però da una coscienza meticolosa, dagli scrupoli e dai pregiudizii, sembrandogli già una specie di sacrilegio le concessioni fatte al laicale a spese del clericato; assedialo dagli assalti e dalle insidie della diplomazia, che fremeva di vedere un capo della Chiesa, se 11011 alla testa, almeno proclive alle istituzioni liberali; persuaso forse che, qualunque cosa facesse, si era fermo di romperla affatto col potere temporale della S. Sede, egli doveva, alla prima occasione veramente decisiva, arrestarsi, indietreggiare, e quasi ritrattare quanto aveva solennemente promesso o falto sperare. L’occasione non mancò; fu questa la guerra dell’indipendenza e della nazionalità: la guerra contro l’Austria. Egli potè allora conoscere che questa era l’abolizione del trattato di Vienna; era lo scioglimento della diplomazia della sacra lega; era in somma la proscrizione della teocrazia, la separazione del potere spirituale dal temporale. E questo era ciò che il popolo anelava, era la coudizione alla quale non si potevano rassegnare i consiglieri occulti e palesi, prossimi e lontani, la debolezza e i pregiudizii del principe sacerdote. Il Pontefice, circondato dalle insidie dei tristi, persuadevasi dello scisma, del principio, funesto ai popoli, di mantenere neutrale lo stato della Chiesa, e del dovere di trasmettere ai successori intatto il potere tradizionale. E siccome un principe costituzionale 11011 può seguire che i voleri del popolo, così vedeva nella Costituzione un ordinamento come incompatibile coi doveri, ai quali obbediva come capo della Chiesa. Quindi venne la celebre allocuzione del Concistoro 29 aprile ; questa professione di fede politica, che lutti ricordano dolorosamente, e che servì 11011 poco ad eclissare la stella di Maslaij ed a segnare il primo passo al divorzio accaduto di poi fra principe e popolo. Noi non vediamo in essa soltanto la dichiarazione del Pontefice che protesta di abborrire da una guerra fra credenti; ma vi scopriamo anche una manifesta tendenza al- 1 antico sistema ed una diserzione dalla causa della nazionalità italiana, che è guarentigia solenne della libertà di tutti gl’italiani. Leggete attentamente quel discorso. Voi vi troverete profondamente radicati gli antichi principii. II Papa, quasi fosse colpevole, si scusa c si giustifica innanzi alla diplomazia di quanto precedentemente aveva operato. Così dichiarava di non voler procedere come esigevano i tempi, e minacciava quasi di fare un ritorno al passato. E voi vedete fui dove si è inoltrala questa sventuratissima apostasia. Io non vi parlerò di quanto venne in appresso. Fu una lotta continua de due principii, del costituzionale, che il principe aveva abbracciato