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del sentimento musicale; il Ronconi promise a Venezia la sua serata clic è guarentita di franchi duemila: e certamente atterrala promessa, adesso ch’elPè nota a voi, e ch’egli ha ottenuto l’impresa del teatro italiano in Parigi. Al cpial fine adoprai anch’io la mia debole intercessione presso taluno dei ministri, perchè mi pareva onorevole che in Francia rimanesse aperto un teatro di musica italiana , siccome vincolo di eletti piaceri fra due popoli nati ad illuminarsi reciprocamente ed amarsi.
    Oltre ai duemila franchi promessi a voi dal Ronconi, abbiamo un parafuoco con pitture <? una cassetta con intagli, datici dal signore Mar-suzi, romano, che io ho allottati (1) per trarne più danaro; del quale vi sarà reso conto da Angelo Toffoli vostro amantissimo concittadino. E acciocché da tutte le parti d’Italia una qualche offerta venisse, mille franchi ci diede il napoletano S. Ruix prefetto, eh’ è quanto dire Delegato d’ una provincia di Francia. Non mancano i nomi dei fratelli lombardi, dei quali talun tornava allora allora dal combattere il comune nemico. Non mancarono i Modenesi, più maltrattali di tutti gl'italiani da bene venticinque anni: fra’quali è debito mio rammentare i fratelli Ansaioni, che nell anno 1831 assaggiarono in Venezia il pane delle carceri di Sau Severo. E la pietà dai Veneziani dimostrata in quel momento verso coloro che pativano in nome della libertà e dell’ Italia, era segno di quei sentimenti generosi che stavano nascosti nel popolo di Venezia, e che sgorgarono finalmente, come acqua che quanto è più fonda, tanto zampilla più in alto quand’ ha trovata la via.
    Sarebbe poi ingratitudine tacere di quanto fecero anco in Parigi a prò di Venezia gl’israeliti: i quali meritano speciale luogo i signori Blu-menthal, stati lungamente a Venezia, nepole e fratello di questi benemeriti Blumenlhal che voi conoscete; ed Enrico Hendle, veneziano, liberale a me di cordiali accoglienze. Con 1’ ajuto dei quali, e col nome di Venezia gradito per tutto, si faceva assai più se si fosse cominciato un po’ prima. Ma credetti dover ritardare, sì perchè, chiedendo alla Francia il soccorso della sua mediazione, non mi pareva opportuno chiedere in sulle prime ai Francesi privati sussidio di danari; si perchè dal prestito proposto in Italia speravansi cose grandi; si perchè, dopo tante promesse e vanti e lodi di Venezia dagl’italiani fatte, era da aspettare che ciascuno di loro volesse per noi spendere un soldo al giorno, il quale sarebbe più che bastato alle nostre necessità. Poi venne l’invito ai Francesi fatto dalla principessa di Belgiojoso, del quale conveniva attendere 1’ esito : poi alcuni Francesi si offersero spontanei a questuare per noi; ma non ne vedendo alcun frutto, mi rivolsi, sebbene circondalo da cure maggiori che mi tenevano occupato notte e dì, mi rivolsi io stesso a tal fine ai miei conoscenti nel mese di novembre, allorché le miserie e le incertezze di Parigi facevansi d’ ora in ora più gravi. E tanto più dobbiamo riconoscenza a quelli che diedero a Venezia tale indizio d’ affetto, conside* rando il momento nel quale Io diedero. Questi pochi son, la più parte* danari di genie non ricca, e tanto più cari perciò al povero Popolo.
    Al quale io mi tengo in debito di rendere conto anche del modo come ho spesi quelli che mi furono dati da esso in questo spazio di sei
     (i) Fatto un lotto.