46 bari«:, bensì la costanza nel mantenerlo, malgrado quelle privazioni e quegli stenti, che nessuna vittoria potrà pienamente compensare. 11 ito-polo di Venezia, da tanti mesi bloccato nelle sue lagune, è sì poco stanco di esserlo, che quasi si riguarda come in condizione naturale e dispone di sè come se tale stato debba ancora durare lungamente. « Noi, che parliamo francamente ai governi, non meno francamente parleremo al popolo. « Venezia ha una spesa di tre milioni al mese; il suo consuntivo del passalo dicembre sorpassa di quasi dugentomila lire quella somma, della quale i cinque sesti sono per la guerra e per la marina. Le sue rendite sono scarsissime; le ordinarie aggiungono a stento a duecentomila lire. Ma i prestiti volontari e forzati, la creazione della carta patriottica, le sovvenzioni del Municipio, il riscatto delle argenterie donate dai privati alla patria, i doni dei Veneziani, le trattenute sui salarii e sulle pensioni, le questue nelle chiese della città, i fondi della Zecca, i depositi dei privali e le offerte delle città italiane hanno fallo salire la rendita nel passato dicembre a quella cifra che bastasse a sostenere le ingenti spese, e fare poco fondo di cassa pel nuovo anno. Al 1.® gennaio Venezia non aveva nelle sue casse che un milione e quattrocentomila lire. « Frattanto la maggior quantità delle rendite sopradette consiste in debiti, che alla line della guerra dovranno essere pagnlL Oltracciò i sa-crilìzii, già fatti dai Veneziani, sono così grandi che non potranno continuare a lungo; il che si manifesta senz’altro dal paragone della rendita consueta colla straordinaria. « Frattanto le offerte delle città italiane, pervenute a Venezia allo scadere dell’anno, sommavano in tulio a poco più cinquantaduemila lire, mentre quelle della sola Venezia aggiungevano a sessantatremila. Noi non nascondiamo questo fatto; anzi preghiamo gl’italiani tulli a non lasciarselo fuggire di mente. Orsù che facciam noi ? Perchè non siamo pronti e costanti al soccorrerla ? «■ Certo che, se Venezia fosse soltanto una città, sarebbe stoltezza il volerla tenere a tanto prezzo; ma Venezia è il forte inespugnabile, in cui è compendiata la salute italiana. S' ella non islesse, la mediazione avrebbe già pronunciato che l’Austria sia ristabilita, o d’amore o di forza, nel possesso del Lombardo-Veneto, che i forti del Piemonte sieno presidiati da truppe tedesche, che il re Carlo Alberto soffra il disonore della disfatta e l’umiliazione della dipendenza, che il nostro Statuto sia lacerato, che l’aristocrazia torni a regnare, e che il popolo piemontese paghi le spese della guerra passata ed una porzione del debito austriaco. « Codeste cose si sanno; ma al momento decisiva non si ricordano. Eppure ogni italiano deve averle continuamente presenti. Venezia deve essere aiutata da governi e da popoli; e se quelli mancano, questi suppliscano. Il ministero toscano si è fatto promotore di questi soccorsi; è da lodarlo, ma più da imitarlo. »