5G1 ii'ilATAiìl SDiÌ'iÌM) iL9 MTS'SìMA« (Vedi il presente volume, pag. 74.) Durante gli avvenimenti, che abbiamo raccontati, risedevano in Milano un viceré ed un presidente del Consiglio di governo. Quantunque si sapesse che le attribuzioni del viceré erano assai ristrette, pure nessuno poteva immaginarsi ch’egli vi fosse per puro litoio, e soltanto come un personaggio di comparsa; anche il presidente e governatore vi doveva essere per qualche cosa. Inoltre il conte di Ficquelmont, che trovavasi in Milano , aveva fatto sparger voce di esservi venuto con facoltà molto ampie. Si sapeva altresì che, quantunque il militare formasse una gerarchia a parte e un altro genere di dispotismo, con tutto ciò la gelosa burocrazia austriaca non gli lasciava prendere la minima ingerenza nel governo civile, e motteva in azione tutte le sue arti per tenerlo sotto la sua dipendenza: a tal che, nel sistema del governo austriaco, il militare era braccio, non testa, e in nessun altro luogo egli aveva così poca influenza politica, quanto nell’Austria. Ma tutto ad un tratto i Milanesi sanno che il viceré è niente , che il governatore è niente , che Ficquelmont è niente, e che il comandante generale Radetzky è tutto, che tutto viene da lui, tutto dipende da lui. Quosta singolare novità, restata fino allora sconosciuta a chiunque, non era meno ignota al procuratore generale del iìsco, conte Guicciardi, uomo dedito all’Austria ^ ma integro magistrato, e soprattutto zelante delle prerogative e dell’onore del governo. 11 quale , ravvisando i fatti sanguinosi del 3 gennaio come una flagrante violazione delle leggi, una usurpazione del poter militare e un abuso della polizia , ne pose in avvertenza le supreme autorità auliche con una protesta , che si risolveva in un atto di accusa. Dotto giureconsulto, egli aveva cognizione profonda della legislazione della monarchia, e si appoggiava sulla medesima; ma la risposta, eh’ei n’ebbe da Vienna, fu l’immediata sua destituzione. Gli fu intimata quando trovavasi nel suo ufficio, ed ebbe ordine di sgomberarlo su due piedi. Così vi era un viceré che non era viceré; vi era un governatore che non era governatore; vi era un Consiglio di Governo che non era Consiglio di Governo; vi era una legislazione pubblica, ma di mera apparenza, e vi era un’altra legislazione segreta che contraddiceva e distruggeva le leggi pubbliche ; vi erano magistrati, incaricati di fare rispettare le pubbliche leggi, e il magistrato che adempiva a questo dovere veniva punito colla destituzione ; i reclami del Municipio e il grido unanime di una popolazione numerosa, e passata in proverbio per la bontà é docilità del suo carattere, erano posti in non cale, o derisi; ed all’incontro si collaudavano gli eccessi della polizia, e le atrocità del poter militare. Qual governo era questo ? La deputazione , che portava al viceré le querele del popolo , era composta del podestà conte Gabrio Casali, di altri principali magistrati, dell’arcivescovo e di più altri fra quanto ha Milano di più cospicuo per T. VI. 3()