442 E per I’Àlpe diversa, auspice Roma, 450 Arse la guerra, e si nomò Crociata. — Quai ne furon le sorti? — Armati in campo Scesero i regi, ed han tradito. — Invano Per la patria fu sparso italo sangue. Che cuor fu il tuo, che, sentimento, o mesta 455 Patria, di cui men cara ebbi la vita, Quando colui, che al tricolor vessillo Die’sorella la Croce, a’tuoi tiranni Per viltà collegossi? — Altera sempre, Anzi più grande nella tua sventura, 460 — Me beata, esclamasti ! — e chi mi vince Se Dio col Popol dureranno eterni? — E tu, donna del Tebro, a che serbavi La già temuta popolar grandezza Fra monumenti inerti, allor che sparve 465 Quasi fantasma chi parea tuo padre? — La Repubblica tua surse novella Frulliiicando come pianta annosa A cui l’onor de’suoi floridi rami 11 fulmine arse, ma sotterra è vivo 470 Il germe della vita. — E le frese’aure, Da’tuoi colli spiranti, avviveranno La redenta tua prole, i templi e l’urne, Pie custodi del cenere degli avi, Che tant’anni vagaro ombre dolenti 475 Senza libero carme e senza pianti. Non paventar dell’anatèma; in cielo Vive giudice Iddio; ei non l’incide Nelle pagine eterne. — Oh! meglio impara Da quella terra che niun re sorregge, 480 Gemma tesoro di quel mondo illustre, Che il Genovese divinò col guardo Per lo mare intentato. — Ella sett’anni Stette in guerra, e sett’anni il sol splendette Sulle balze cruente e sulle prore. — 485 Perchè non ho d’un arcangiol la Iena, Gli alti pensier, che Dio col guardo inspira Nella mente a’divini? — Oh almen potessi In aer sottilissimo librarmi, Verso gli astri gridando: 0 ciel, disperdi 490 De’Faraoni il seme, onde la terra Tante lagrime versa e tanto sangue. Ma tu, mia patria (poiché patria è quanto Appanniti parte, e il Mar circonda e VAlpe), Sorgi tremenda sulle tue sconfitte 495 Fulminando pei campi; e la procella De’tuoi mille guerrieri alto-correnti