438 molti titoli gelosia e spavento ? Or, se eiascuna di queste difficoltà è gravissima, come si poiria confidare di vincerle tutte insieme ? Speriaiuo che venga il giorno, in cui cessino le pretensioni di municipio, e l’egoismo nazionale dagli esterni più non si opponga alla compita felicità d’Italia. Ma questo giorno è ancora lontano; che tali mutazioni non si effettuano nei popoli che con lentezza e gradatamente. Il volerle affrettare è un indugiarle; perchè ogni progresso precipitoso, e non secondato dalla natura delle cose, vien tosto o tardi seguito da un regresso. Quanto alla repubblica, noi confessiamo ingenuamente che negli ordini della civiltà moderna essa ci pare una forma di reggimento assai meno perfetta della monarchia costituzionale bene ordinata, come quella che la vince a grande intervallo di unità, di forza, di credito, di prosperità, di quiete e di sicurezza. Laonde non ravvisiamo nell’ idea repubblicana quel progresso, che molti le attribuiscono; e, se la dignità di quest’aula lo permettesse, potremmo in coscienza restituire ai fautori di quella il titolo di retrogradi. Oltre che, se appo ai popoli già assucti alla vita libera e ridotti a centralità rigorosa di stato, la repubblica non fece sempre lieta prova,, ciascuno avvisa che nell’Italia, smembrata e serva da tanti secoli, essa accrescerebbe le divisioni invece di scemarle, e sarebbe apparecchio di tirannide, fomite di discordia e seme di debolezza. Non crediate però, o signori, che coll’assoluta unità e colla repubblica per noi si vogliano ripudiare le idee ragionevoli, che talora le accreditano presso il volgo, inetto a distinguere i concetti che si somigliano. Se l’unità d’Italia ci pare oggi una chimera, la sua unione ci sembra possibilissima; se abbiamo la repubblica per un sogno, stimiamo egualmente che il principato non può durare se non viene informato dal genio del popolo. Quindi è che levammo sin da principio la doppia insegna della Costituente federativa e della democrazia. Da queste avvertenze voi potete raccogliere, o signori, quali siano le note proprie della nostra amministrazione. Essa si restringe fra i limiti ragionevoli dell’ italiano risorgimento, ed è risoluta di non oltrepassarli; e quindi ripudia francamente e risolutamente le utopie degli uni-tarii e dei repubblicani. Ma nel tempo stesso ella mira a compiere esso risorgimento in ogni sua parte ; epperò vuole che le riforme sieno savie, ma tendano principalmente al bene dei molti; vuole che il principato civile sia forte, ma popolano e benefico; non si contenta di una mezza indipendenza, e la vuole intera, compiuta, guardata dal presidio del regno italico; vuole infine la Confederazione fraterna di tutti gli stati della penisola, e una Dieta italiana che la rappresenti. Perciò, da un lato la nostra amministrazione si distingue da quelle che ci precedettero; le quali (benché avessero per capi uomini altamente onorandi) o trascurarono alcuni dei detti capi, o mollemente li promossero,, o li dimezzarono, o anche li contrastarono, e spesso sostituirono i municipali governi alla politica nazionale. Dall’ altro Jato, ella si divide da coloro ebe vorrebbero sviare il moto italiano dai suoi principii e metterlo per un sentiero diverso, impossibile o funesto. Questa, o signori, è la nostra forza, questa, se riusciamo nell’intento, sarà la nostra lode;