446 e per la salute d'Italia il povero seppe strapparsi il pane dalla bocca, il ricco ridursi a povere condizioni, e nulla curando, gittare in moneta gli ori e gli argenti; le dilette memorie dei defunti, i censi del mendico, i pegni più santi dell’amore depositare sull’altare della patria; e a rinfacciare chi metteva in dubbio l’avvenire, vincolar per molti anni avvenire le proprietà di tutti e d’ognuno. DANIELE MANIN fu l’uomo straordinario, il quale primo fra noi gittò la scintilla che tutti infiammò i cuori amanti della patria. Non sarà però discaro leggere una succinta storia delle gloriose sue memorie. Veneziano di nascita, lìgliuolo a Pietro, Avvocato di professione, e della Padovana Anna Belletto, nacque il 20 maggio 1804, in quell’epoca memorabile, nella quale i Francesi guidati da Napoleone correan vittoriosi nella nostra Penisola, e la sete di libertà, come oggi, ardeva in ogni petto italiano. Entrato giovanissimo nel Collegio di Santa Giuslina in Padova, ne uscì nel 1815, sperando che la libera vita potesse essere di giovamento alla mal ferma sua salute. Di precoci talenti vittorioso riportava la palma superando i suoi coetanei. Nè alle sole lezioni di legge e di matematiche si limitò, ma apprender volle le lingue ebraica e greca, e avido della lettura di Autori stranieri, imparò l’inglese, il francese e l’Alemanno. Prima ancora di essere stato insignito della laurea legale, che lo fu nella età di 17 anni, pubblicò una traduzione dall* ebraico dei Prolegomeni. Tetro e malinconico, crebbe in lui tale tempcrameato per una fierissima oftalmia che gli sviluppò una inclinazione al meditare cupo e profondo. Fu a quei momenti che conobbe Teresa Perissinotli, la quale potè rendere più lieve il suo dolore facendogli da lettrice, guadagnandosi in prima l’amicizia, poi l’amore, e finalmente la mano di sposa, e n’ebbe due figli Giorgio ed Emilia. Tosto migliorato nella vista tornò agli studi e tradusse le Pandette di Giustiniano, delli quali se ne feeero tre successive edizioni. Nell’età di 27 anni otteneva la nomina di Avvocato che onoratamente esercitò, distinguendosi specialmente nelle adunanze della Società Veneta-Gommerciale e in quelle del Gomitato della Strada ferrata Lombardo-Veneta, dove intraprese a sviluppare il suo sistema di opposizione contro i tirannici arbilrj dell’Austria, come pure emerse il suo vasto sapere nel IX Congresso degli Scienziati, e dettò la Storia della Veneta Legislazione regalata ai Dotti nella Venezia e sue Lagune. Stretto in amicizia a Tommaseo, il 21 dicembre 4847, presentò un progetto alla Veneta Congregazione Centrale per chiedere all’Austria l’esecuzione dei patti che la Santa Alleanza avea fissati al Congresso di Vienna. Da quel giorno tutti lo guardavano con occhio di meraviglia. Da quel progetto discese la speranza di migliori destini per l’Italia. Tommaseo lo secondò colla forte sua voce, ed affrontarono soli il pericolo e su dessi soli ricadde l’austriaca rabbia. Il 18 gennaro 1848 Daniele Manin veniva circondato nella sua abitazione da una caterva di birri, di commissari c sgherrrani della austriaca polizia; violatogli il domicilio, perquisitegli 1° carte, veniva tratto ai criminali arresti. La moglie, in quella sua tanta disgrazia, da eroina rispondeva al commissario politico esser per lui solo spiacente quell’atto, ma per lei, per la famiglia di onore.