53 con poca convinzione e con minore conoscenza, e del teocratico, che la debolezza ingenita di coscienza, e le suggestioni della perfidia, e delle illusioni che lo circondano, tennero sempre vivo nello spirito del regnante. Quindi l’impossibilità di un ministero con questo antagonismo fra l’elemento responsabile ed irresponsabile, il flusso c riflusso del potere per gli affari esteri fra il laicato e il clericato, una crisi ministeriale in istato di permanenza, la chiusura o proroga delle Camere deliberanti, il tentativo funesto della restaurazione di una politica retrograda nel ministero di agosto, la tragedia 15 novembre alla riapertura de’due Consigli, e finalmente la memorabile dimostrazione sul Quirinale del di susseguente. Voi conoscete i fatti gravi, che ne conseguitarono. La formazione di un ministero proposto dal popolo, in parte ricusato dal principe, la di lui fuga tenebrosa da Roma, le misure del ministero e delle Camere dopo quella evasione; finalmente la creazione di una Giunta di stato provvisorio. 11 paese era ridotto ad uno stato anomalo dal momento che il principe, colla stessa partenza violando lo Statuto, aveva infranto il patto fra il trono e la nazioue; patto che, se non poteva dirsi definitivo per lo spirito dei tempi, era però il solo riconosciuto nello stato. Il ministero del 46 novembre e la Camera dei deputati avevano continuato comunque a rappresentare il principio costituzionale, e con una longanimità onorevole, perchè dettata da carità cittadina, lottarono gran tempo per dissimulare a sè stessi ed agli altri il grande cangiamento che si era operato, e mantenere possibile il ravvicinamento col principe. Gli uomini, che veggono fra noi fazioni troppo impazienti, e parliti sistematicamente estremi, dovrebbero tener conto della condotta, che non disperò di ricomporre la macchina costituzionale, e di portare senza scosse l’ordinamento dello stato ad un sistema di normalità e di larghezza politica, di cui si sentiva universalmente il bisogno. La rivoluzione esilò per molto tempo a spiegarsi, e non si rivelò apertamente, se non dopo che il principe sembrava non lasciare altra alternativa ira l’antico regno delfar-bitrio assoluto e la completa emancipazione. Esso rifiutava ogni trattativa; disdegnava e respingeva messaggi, rispondeva colle proteste più imperiose e mistiche ad ogni misura di assicurazione, che si prendeva in Roma, trasmetteva ordini assoluti e dispotici da un litorale straniero, in mezzo di una diplomazia ostile alle nostre franchigie, e sotto la protezione ad un governo reazionario, distaccato dal resto d’Italia, e collegato palesemente col nemico comune. Allora fu che si pensò seriamente al partito di uscire dallo stato di esitazione, abborrendo da una reduce tirannia, e dal mantenere il provvisorio sopra un terreno ardente di mille gravi questioni, La opinione pubblica aveva frattanto progredito a grandi passi. Il popolo, spaventato dalla memoria dell’antica tirannide, deluso sull’argomento della Costituzione, ch’era stala una promessa ogni giorno violata* una menzogna; più impaziente ed ardito nelle speranze che il governo i cui temporeggiamenti gli riuscivano penosi ed inesplicabili; divorando il cammino colla istintiva perspicacia delle moltitudini, aveva sentito il bisogno di un ordinamento fondato sopra basi più stabili delle precedenti, aveva trovato nella coscienza di sè medesimo l’unico principio a