104 14 Febbraio. NICCOLO’ TOMMASEO AL POPOLO VENEZIANO. Desidero, o cittadini a me carissimi tutti, che sappiate i nomi eia condizione di taluni tra quelli che di buon cuore concorsero ad aiutare Venezia nelle sue angustie, più onorevoli d’ogni serva ricchezza. Desidero che lo sappiate, perchè la gratitudine è dolce necessità degli animi bennati, e perchè grande consolazione ad un popolo è il pensare che i suoi patimenti sono onorati dalle nazioni sorelle, che il suo nome è amato da uomini i quali non lo conoscono da vicino, e forse non lo curavano prima. Credete, o Veneziani, che in Francia molti sono quelli che godono dell’onore che voi vi fate, e vorrebbero vederlo accrescersi « consolidarsi : crédetelo a me, che non sono avvezzo a adulare uè poveri uè ricchi, nè plebe, uè re. Non da’ Francesi soltanto Venezia ebbe prove d’affetto : ma il conte Teleki inviato dell’Ungheria, e il cittadino Golesco inviato della Valachia, da me conosciuti, e madama Turncr inglese affezionatissima agl’italiani, concorsero alla colletta. Ci concorsero gli allievi del collegio armeno che sono a Parigi, e che sarebbero a Padova se le angherie austriache ve li avessero lasciati stare; il qual collegio è diretto da’Padri che per molti anni onorarono delle cure loro quest’isola di s. Lazzaro. Ci concorsero parechi Corsi; tra’ quali mi giova nominare Salvatore Vitale consigliere d’Appello in Bastia, amico mio, scrittore nolo e caro all’Italia; Stefano Conti rappresentante del popolo nell’Asscmblea_, e che sotto il governo di Luigi Filippo s’oppose alle avide ambizioni degli schiavi prepotenti; Silvestro Poggioli il quale si adoperò con ardore a prò di Luigi Napoleone quand’ era prigione in Ham perchè uscisse libero tanto quanto bisognava ad abbracciare il vecchio suo padre, fratello dell’imperatore Napoleone, e che aveva spontaneamente deposta la corona del regno d’Olanda. Il Poggioli che conosce e ama l’Italia, mi si proffcrse cordialmente a prò di Venezia nostra. Il Conti, il quale nel 1859 rivolse a me, che tornavo allora dall’esilio in Italia, versi affettuosi e caldi (e da altre parti di Corsica mi venne allora simile onore di saluto fraterno); il Conti non si pensava allora di rivedermi, egli deputato della Corsica al parlamento della Repubblica francese preseduta da un nepote dell’imperatore, riveder me, fatto interprete dei diritti di Venezia liberata. E de’deputati dell’Assemblea francese, i quali diedero modesta offerta a Venezia, ne abbiamo più d’uno anche tra più rinomali. Non potevano ( e io non le chiesi ) gran somme, perchè anco la Francia, e massimamente Parigi, è piena di grandi miserie : ma quel poco lo porgevano di cuore e per segno di affezione vera (1). Gli uomini delle opinioni più (i) Reco la lettera scrittami da uno de’più celebri tra que’Deputali, il si®. La Mennais. « Voi dunque ve ne ritornate, amico mio, alla cara vostra Venezia. Verranno con ii voi i miei augurii, e le speranze insieme. Qualunque sia per ora la possa de’nemici j» d Italia, con un supremo sforzo ella si toglierà finalmente a quelli, e tornerà padrona ii di sè La città generosa che fu, dodici secoli fa, l’ultimo rifugio della libertà della 5* patria, ne sarà adesso il nido «...