473 abbiam fede, non vorrà farcene debito, poiché è noto a molti com’Egli non ambì, anzi disprezzò sempre questi effimeri onori, inventali dai principi per inceppare la libertà degl’ingegni. Nacque in Ferrara sul finire del secolo, e fu tenuto al fonte battesimale da uno zio materno, che morendo lo arricchì di pingue legalo. Condotto in Asti, mentre era fanciullo dopo aver dimorato breve tempo nella patria di Alfieri, si restituì coi genitori a Ferrara, ove diede opera agli ameni studi e coltivò la poesia in modo, che a 18 anni dettava versi improvisi. Per vaghezza di gioventù nel 1815 entrò in milizia, e dopo aver servito tre anni sotto-tenente del terzo reggimento di linea, si dimise per dedicarsi allo studio della giurisprudenza. Offri la capitale un più vasto campo al caldo ingegno del giovane Ferrarese. Vi giunse nel 4820: laureato in ambo le leggi nella università romana, cercò perfezionarsi negli studi di ragion civile. Fu la patria, che schiuse la via degli onori al suo nobile concittadino con l’eleggerlo avvocato concistoriale, e quindi deputato della città e provincia; titolo che compendia l’antica rappresentanza degli ambasciatori di Ferrara alla Corle di Roma. Pio VII lo nominò suo prelato domestico e uditore della Rota Romana. Divenuto decano di quel tribunale appartenne, come consultore alla Congregazione dei Riti, e come giudice di diritto alla fabbrica di S. Pietro. Mentre però tutta Italia onorava le virtù di Muzzarelli, mentre le più illustri accademie estere e nazionali, fra le quali nominiamo la Ercolanese di Napoli, l’Archeologica di Roma, e quella dei Lincei registravano il suo nome nei loro albo, ed allre lo dichiaravano presidente, come la Latina e la Tiberina, Egli vedeasi allontanato dalle cariche, che gli erano dovute per altezza di mente, per dolcezza di modi, per soavità di costumi. I tempi però, hanno svelato l’alto segreto. Muzzarelli amò la causa della umanità, la causa dei popoli, e mentre la sua anima scioglieasi nella dolcezza degl’inni religiosi, riprodotti in tutta Italia accanto a quelli di Manzoni e di borghi, il suo cuore generoso frenica nella speranza dell’avvenire. Incapace di adulare, incapacissimo di mettersi in una via, che non sapea e non potea correre intiera, amò i profughi, corrispose cogli esuli, parlò il vero con dignità e con franchezza. Visitò tutta l’Italia, vide la Sicilia, strinse amorevoli rapporti con i dotti, apri la sua casa agli uomini d’ingegno, e nei viaggi, e nella coltura delle lettere trovò quel compenso che solo potea sperarsi dai tempi. Senza distrarsi dalle gravi cure giuridiche, or lo vediamo chiedere ai vari dotti d’Italia qualche cenno della loro vita e delle fatiche durate su i libri, per quindi trasmetterne le notizie ai giornali, e aggiungere riverenza al loro nome, e gloria all’Italia (1); ora meditare nobilissime epigrafi o scolpite su i marmi, o innestate in varie biografie di uomini illustri. Chi vuole un saggio delle eleganze del suo siile legga gli elogi da esso dettali di Bonali matematico Ferrarese, del I’inde-inoute, del Lucchesini e di altri. Passionato quanto altri mai di ogni ma- (i) Il prof. Emilio de Tipaldo nella sua opera 11 Biografia degli Italiani » pubblicata in Venezia scrive 5% Ci siamo consigliati con autorevoli personaggi, Ira i quali sarebbe mar.iie-s|a sconoscenza, se non ricordassimo principalmente i nomi di un Muzzarelli, d’un Vaccoli-ni, d’un Gamba, d’un Tommaseo. »