4 37 società umana, se non ha il suo fondamento nella verità effettuale delle cose e non risponde al grado in cui la civiltà è condotta. Chi travalica questo grado e fabbrica sulle idee sole, non sulla realtà, s’inganna, e scambia la politica colle utopie, mostrandosi difettivo di quel senno pratico, che è Ja dote più rilevante dello statista. Il risorgimento italiano abbracciò quattro idee capitali e corse sinora per altrettanti arringhi, che loro rispondono ; cioè le Riforme, lo Statuto, l5 Indipendenza e la Confederazione. Questi quattro capi comprendono tutto ciò che vi ha di ragionevole e di effettuabile nei nostri voti e nelle nostre speranze; il resto, negli ordini presenti d’Italia, è sogno e utopia. Niuno dica che noi vogliamo fermare il corso delle cose, misurandolo coi concetti, che ne avemmo in addietro; si confessi piuttosto che facemmo vera stima del paese e del secolo, prefiggendoli il detto termine sin da principio, e antivedendo che non si può oltrepassare. Ma, benché non ci sia dato di andar più oltre, il compito assegnatoci non è piccolo nè leggiero, e può anzi parer soverchio e sbigottire l’ambiziosa ignavia della nostra età. Anche nei tempi più operosi, esso saria bastato al lavoro assiduo e fervido di molte generazioni. Forse le riforme utili e dicevoli sono compiute? Forse i nostri instituti han tocco il segno della perfezione e non abbisognano di svolgimento ? È vinta lorse la guerra dell’indipendenza? È stretto il nodo della Confederazione? Voi vedete, o signori, che, quantunque si potesse procedere più innanzi ragionevolmente, sarà alinea senno che il nuovo si differisse finché sia fornito l’incominciato. Il lasciare imperfette le cose che si lamio per imprenderne altre, è opera, non da politici, ma da fanciulli. Eccovi, o signori, come il risorgimento italiano sia giunto a quel segno, che dee guardarsi di valicare se non vuol distruggere sé medesimo. Noi dobbiamo proseguire 1’ opera salutare dei miglioramenti, esplicare gli ordini della monarchia civile, redimere l’Italia dagli esterni, collegare i varii suoi stati in una sola famiglia. L’impresa, lo ripeto, è grande, difficile, faticosa, e, non che sottostare alle nostre posse, forse le avanza ; e se ci è dato di condurla a fine, essa basterà certamente a procacciarci la lode dei coetanei e l’invidia dei futuri. Si trovano però alcuni spiriti, più ardenti che consigliati, i quali ■ion si contentano di tale assunto c vorrebbero spingerci ancora più avanti. A senno loro, il ristauro non sarà compiuto finché tutta la penisola non c ridotta a unità assoluta di stalo, e ai troni costituzionali non soltentra la repubblica. Nè essi riserbano già questo carico ai lontani nostri nipoti; ma vogliono che noi F adempiamo. Non abbiamo scacciati ¡Tedeschi, cd essi vogliono esautorare i principi. Non abbiamo acquistato perfetto uso e possesso delle libertà costituzionali, ed essi vogliono darci le repubblicane. E chi non vede che per unizzare compitamente l’Italia e ridurla a ^pubblica, converrebbe violare i diritti di tutti i nostri principi, distruggere i varii governi della penisola, mutare in un attimo le inveterate abitudini dei popoli, avvezzi a monarchia e tenaci delle loro metropoli, spegnere affatto gli spirili provinciali e municipali, e superare infine il contrasto di Europa, a cui un’Italia repubblicana e unitaria darebbe per