— 188 — e il nostro triste paese, da gran tempo, essa ha abbandonato. Dov’è ora? In qual regione lontana fa di se bella pompa la sua fronte serena ? Ove sei tu, minacciante flagello, che mi hai sì crudelmente [colpito? Ove sei tu, raggio mio luminoso, che con tanto calore [m’hai accarezzato? Da gran tempo il fuoco è spento, da gran tempo sono fatte [di gelo le passioni !... Come sogno sono svaniti i giorni di sofferenza e di allarmi... Ma... pure,... liberarmi dal tuo irresistibile impero.... dimenticarti... io non ho potuto !... E se tu, qui, adesso m’apparissi, in questo mia ora estrema, come prima, superba, senza parole e senz’amore, e mi sussurrasti « lascia i vani delirii, «dimentichiamo il passato: vivi! Io così voglio! »... ah! perfino adesso, con lacrime di gioia risponderei all’appello dell’anima tua cara e come servo ossequiente, di nuovo, facendo risuonar le [catene, senza neppur sapere dove, io ti seguirei. Ma, no! Tu non verrai. Nella tenebra glaciale la luce del tuo sguardo non mi verrà a colpire e i suoni della voce che mi fu cara non mi arresteranno, non mi salveranno, nulla mi diranno! Eccomi, per altro, caduto nel lirismo. Fuor di luogo! E’ ridicolo scrivere elegie prima di morire... Del resto, io non scrivo per le stampe ed è meglio finir la vita con dei versi che tirar le somme dolorose dell’esistenza... Se io ricordassi tutta la serie delle offese senza ragione [sopportate e il tossico, sempre potente, della calunnia,