— 159 — quanto incantevole risuonava questa parola, e un paradiso, il convento, mi sembrava allora. Poi mi piegai al giogo della vita e la fede perdei... Ma ecco, gli anni sono trascorsi ed ai sogni dell’infanzia ho di nuovo fatto ritorno. 1 Dicembre. Già da due settimane io vivo nel convento in silenzio e in calma profonda. Il nostro asilo è costruito sopra una montagna ed è circondato da un’alta muraglia. Dalle torri, in estate, la vista, dicono, è mirabile sulle foreste lontane, sui laghi e sui villaggi. Fra le celle sparse qua è là, v’è un giardino ove crescono tanti fiori e tante piante rare. (da gran tempo, il nostro convento è celebrato pei suoi fiori). In primavera è un paradiso terrestre; ma ora, di neve profonda è tutto ricoperto e mi sembra un gran deserto, tutto bianco. Soltanto le cupole delle chiese scintillano, tutte d’oro, al di sopra di esso. A destra, dall’ ingresso, presso la cattedrale, dietro gli alberi, appena visibile, stà riparata la mia cella, che ha due finestre. Poco v’ha di attraente in essa per uno sguardo profano: un letto di tavole coperto da un tappeto; due seggiole di cuoio; fra le finestre, una tavola di quercia e uno scaffale carico di libri ecclesiastici; al di sopra della [tavola, nella Kiota (1) un’effigie di Cristo, coronato di spine. (1) Armadietto a vetri, in generale incastrato in un angolo della stanza, nel quale in Russia, si conservano le sacre immagini con una lampada accesa davanti. Lo si trova dappertutto, nella casa del povero e del ricco. N. d. T.