— 16 — agli occhi miei. Ecco la vasta corte (la cour d’honneuf) cosparsa di rena gialla; ecco il peristilio con lo stemma comitale dei Laroche-Modin; ecco l’anticamera a due finestre; ecco la grande sala coi ritratti di famiglia. Perfino 1’ odore speciale di questa sala, un misto di muschio, di muffa e di legno rosa, mi colpì come un odore che io conoscevo a meraviglia. Caddi in una profonda meditazione che si accrebbe singolarmente quando il conte Laroche Modin mi propose di fare un giro nel parco. Quivi, una folla di vivissime rimembranze, sebbene alquanto confuse, mi assalì da ogni parte, tanto che io appena appena prestavo ascolto al padrone di casa, che generosamente prodigava tutte le risorse della sua cortesia per trarmi di bocca qualche parola. Però, quando alla fine io risposi addirittura a sproposito ad una delle sue domande, mi lanciò di sottecchi, uno sguardo che esprimeva vivissima compassione. — Non si meravigli della mia distrazione, conte — dissi io afferrando quello sguardo—io provo un sentimento stranissimo. Senza dubbio io mi trovo per la prima volta nel suo castello, eppure mi sembra di avervi altre volte vissuto per moltissimi anni. — Nulla di strano: qui, tutti i nostri vecchi castelli si rassomigliano. — Sì; ma io ho vissuto precisamente in questo. Crede ella alla metempsicosi? — Come dirle... Mia moglie ci crede; io... non troppo. Del resto tutto è possibile. — Vede ? Lei stesso dice che la cosa è possibile; io mi vado persuadendo sempre più, che si tratta di un fatto indiscutibile. 11 conte mi rispose con una frase scherzosa e cortese, rimpiangendo di non aver vissuto un centinaio di anni prima, « chè mi avrebbe accolto allora, diceva, nel suo