— 82 — Ciò accadde due giorni dopo il ballo dei Koselsky. Per un nucleo di circostanze imprevedute, ci trovammo soli, Lidia e io. Si parlava di quel ballo e Lidia disse che tutti erano stati molto soddisfatti del come io avevo condotto la mazurka. — Non tutti, però — osservai ridendo. — Il suo primo aiutante di campo non fu troppo contento di quella mazurka. — Chi ? Miscia?... Che sciocchezza ! Anche senza la mazurka, ci vediamo tanto spesso!.. — Forse troppo spesso1. Non le pare, Lidia ?.. Qui non è fuor di luogo far notare che questo Miscia, io l’odio con tutta la forza dell’anima mia. Tutto in lui, mi rivolta: la voce, le maniere, la corte che fa a Lida e, perfino la sua bellezza. Specialmente la sua bellezza!!.. Egli è, dirò così, troppo artisticamente bello e... sa troppo di es-• serio. Quando parlai di Miscia, una voce interna, (quella certamente dell’esperienza della vita) mi ammonì: « lascia stare, fermati ». Non diedi ascolto a quella voce e cercai di volgere in ridicolo il rivale; parlai della sua scarsa intelligenza, lo dipinsi senza cuore, consigliai di stare in guardia, supplicai, — insomma recitai, come se ripetessi le parole del suggeritore, la scena dell’innammorato geloso. Quando guardai Lidia, il suo volto esprimeva un terrore così profondo e una tal sofferenza, che io stesso me ne spaventai. — Se lei mi vuole, non fosse che un poco di bene, — disse alzandosi in piedi—non mi parli mai male di Miscia. È un mio grande amico. E uscì pian piano dalla stanza. Da quel giorno, tutto è cambiato. Prima, Lidia aveva piacere che io partecipassi a tutti i suoi giovanili passatempi; adesso, si vedeva che le faceva dispiacere di vedermi insieme con Miscia. Io ne soffrivo; perdei ogni vivacità, diventai cupo, collerico, e per questo Lidia cominciò addi-