— 94 — parlamento in preda ad una specie d’ubbriachezza. La disperazione di cui si parla nell’ultimo verso di Tjutcev, l’avevo, non so come, dimenticata e pensavo soltanto alla beatitudine di sposare Lidia, e di dedicarle quelle poche forze e quella poca vita, che ancora mi restavano. Ieri il mio piano è giunto a completa maturità, e 1’ ho subito messo in esecuzione. Ho pregato il dottore di venire oggi più presto, per giudicare dell’ effetto prodotto dalla nuova pozione. È venuto alle dieci ; è stato molto soddisfatto della pozione e del gran conto che io faccio delle sue prescrizioni e ha detto sperare che fra una diecina di giorni mi sarebbe possibile uscir di casa. Appena fu fuori dell’ uscio, mi vestii, e volai alla Serghjevskaja. 11 mio piano era basato sul fatto che Maria Petrovna si alza molto tardi e che la mattina, così presto, non troverei estranei in casa. Il mio calcolo risultò esattissimo. Lidia sedeva sola al pianoforte, nel salotto, e studiava non so quale suonata nuova. Fu molto contenta di vedermi e voleva subito correre a svegliare Maria Petrovna. Ci volle del bello e del buono per indurla a non farne nulla. Ci mettemmo a parlare di cento cose sciocche, e il tempo passava; io sapevo che un’occasione opportuna come quella non mi sarebbe mai più capitata; eppure una timidezza senza confini m’inchiodava la lingua. Finalmente mi decisi. Presi le cose molto da lontano; parlai dell’amara mia solitudine; dissi che Lidia sola poteva, d’un sol tratto, metter fine a tutta la mia tristezza, a tutte le mie malattie. Il risultato però fu assolutamente negativo : il linguaggio altero dell’uomo libero che io avevo divisato d’impiegare parlando con Lidia, aveva preso invece, un tono umile e stentato. Lidia, fin dal principio del mio discorso, mi guardava con occhio malizioso; pareva che volesse dire qualcosa e non potesse decidersi a parlare. Come al solito, però, non potè contenersi a lungo.