ALESSIO N. APUCHTIN. Poeta tradizionale, poeta dell’ arte per l’arte, poeta classico, — cosi e in altri modi simili si trova designato nelle storie della letteratura russa lo scrittore che oggi, dopo avere appena appena fatto capolino qualche anno fa (1), entra per opera di V. Narducci a far parte della famiglia degli scrittori russi noti agli italiani. Scrittore profondamente, eminentemente russo, animato da uno sconfinato amore per la patria e inspirato sempre della bellezza e deli’ anima di essa, egli è nello stesso tempo tanto lontano da quel che oggi, erroneamente, per superficialità o mancanza di conoscenza, si considera russo in letteratura, che molti lettori si domanderanno forse in che consista la sua russicità. Epigone di Pulkin e di Lermontov, in un senso largo della parola, egli riesce a riaffermare, pur essendo molto lontano dal loro genio, la necessità per un poeta, che aspiri degnamente a questo titolo, di chiudere nella bellezza e perfezione della forma, quel che aveva formato dei due grandi la prima forza immortale: la sorgente spontanea di poesia che sgorga dall' anima del popolo che l’ha generato. In Pulkin, e solo in parte in Lermontov, il genio poetico (1) Cfr. in «Russia», I., 3, la mia traduzione delle due poesie: < Pazzo » e « L’operazione >.