— 109 — di ciascun’uomo si nasconde l’idea che l’esistenza umana non può finire; e lo dice una certa voce interna, incerta e piuttosto sorda, ma sensibile. È facile soffocarla coi ragionamenti dell’intelletto e della scienza, ma distruggerla non è possibile. Alle volte parla più alto e gli uomini le si sottomettono incoscientemente, quasi contro volontà. Perchè, mai andiamo noi alle ceremonie funebri? Non voglio parlare dei funerali mondani ove si va per deferenza verso i parenti del defunto e talvolta, anche, per semplice passatempo. Una volta Maria Petrovna fu molto afflitta perchè non avendo saputo a tempo della morte di una sua conoscente, non aveva potuto andare alla panikhida (1). lo cercai di calmarla facendole osservare che avrebbe potuto andarvi il giorno seguente. — Oh, c’est bien aatre chose : la première panikhida est toujours plus animée — mi rispose ingenuamente. Però a ognun di noi è certamente capitato di assistere alle panikhide in casa di qualche conoscente che viveva solo, che non aveva parenti e dove non si sperava d’incontrare qualche persona interessante. Io mi facevo specialmente un obbligo di recarmi a questa specie di funzioni dicendo a me stesso che ero obbligato di rendere l’estremo tributo di stima... A chi?... Rendere l’ultimo tributo di stima al morto... è una sciocchezza perchè lui non può rendersene conto... Ma... eccoci al punto!.. La voce interna mi diceva, invece, che il morto si renderebbe conto e terrebbe conto di tutto. Ancora più alto risuona in me questa voce^quando penso al mio proprio funerale. Io mi rappresento al vivo, con l’immaginazione, tutto il quadro della funzione; vedo le persone che entrano nella camera, odo i loro discorsi, osservo le sfumature della sincerità e dell’indifferenza sul (1) Vedi nota, a pag. 5.