— 185 — Dio sa che gran servigio gli renderei ! L’amico, con quella lettera, comincerebbe a correre di casa in casa e a prodigare lodi all’amico scomparso... Sulla mia fine inventerebbe egli stesso un romanzo qualunque, di carattere faceto e distraendo con esso, dalla noia, le malinconiche dame, per una settimana intera, diverrebbe, forse, di moda. Conosco un procurator generale dall’aspetto malaticcio, e dagli occhi intelligenti... Cosa strana: non di rado, fra noi, nelle nostre conversazioni, abbiamo parlato di suicidi. Egli si occupa in modo speciale di questo ramo. Appena, ove che sia, succede il guaio, egli vi corre subito col suo sorriso triste e fa inchiesta rigorosa: «come? che cosa? e perchè?...» A scopo scientifico, scriverò per lui, una descrizione particolareggiata della mia propria fine... Fornirò alle sue statistiche il mio obolo di oltretomba! Mio caro Procuratore, a voi interessa di sapere perchè io abbia posto fine alla mia esistenza, in modo così [disdicevole ? A dir vero, a fil di logica, io non potrei dimostrarvi di aver avuto ragione. Però, sono degno di indulgenza. Se voi poteste garentirmi che io morrò... via !... non fosse, diciamo, che... domani sera, d’infiammazione o di angina acuta, io aspetterei pazientemente. Ma io sono del tutto sano e non ho affatto un piè nella tomba; posso vivere ancora, chi sa quanti anni; ma non ho più la forza di sopportare la vita ;