— 163 — e mi chiede che io metta, al più presto, termine alla mia « scappata » : così egli la chiama. Io, la favola della città? E che m’importa? Nella più remota, prima giovinezza, talvolta io temevo ciò che poteva essere ridicolo; ma questo sentimento bentosto svanì. Adesso che tutti i legami con le genti del mondo, sono spezzati, quanto queste ultime, mi sembrano miserabili e ridicole ! Io non mi curo dell’opinione delle genti; l’opinione di una persona sola, io vorrei conoscere! Che ne dirà., lei?... Per la prima volta questa parola io scrivo in questo secreto memoriale... Io... non l’ho nominata, ma qualcosa mi è penetrato nel cuore, come punta di coltello. Possibile che nulla, nulla... non il faticoso lavoro, non la lunga preghiera, non il digiuno, dal cuore riescano a strapparmi le rimembranze fatali? Esso, come prima, per lei ha palpiti... Essa sola... nei miei sogni, nei miei pensieri ! Egli è pur ridicolo di mentire a sè stessi... Questi pensieri però, al venerando, io non li racconterò! 24 dicembre Il canone entusiasta del Damaschino (1) a vesperi, oggi hanno cantato; l’anima mia fu invasa dalla tenerezza e le mirabili parole mi hanno riscaldato lo spirito. « Il Signore, in tempi antichi, miracolosamente salvò le genti. Egli prosciugò le onde del mare... » (1) Così chiamata la preghiera composta da S. Giovanni da Damasco e che, nella liturgia greco-ortodossa, viene cantata nella ricorrenza del Natale e della Pasqua. (N. d. T.)