«C’est un samedi, a six heures du matin, qfue je suis mort » E. Zola Erano circa le otto di sera, quando il medico mi applicò l’orecchio al cuore, mi accostò alle labbra uno specchietto e, rivolto a mia moglie, pronunciò solennemente, a voce bassa: — Tutto è finito. Da queste parole io capii che ero morto. A dir vero, io ero morto già da tempo. Più di mille ore sono rimasto in letto, privo di moto e di parola, sebbene, di tanto in tanto, continuassi ancora a respirare. Durante tutta la malattia mi era parso di essere attaccato con innumerevoli catene, ad un muro massiccio, e ciò mi era cagione di grande sofferenza. Poco a poco il muro mi danava consentendo maggiore libertà, le sofferenze diminuivano, le catene si rallentavano e sdrucciolavano giù, verso terra. Gli ultimi due giorni mi sentivo ancora trattenuto da una specie di nastrino sottile ; poi s’è strappato anche quello ed io mi sono sentito così leggiero come non lo sono mai stato, in tutta la mia vita. Intorno a me cominciò una baraonda da non potersi descrivere. La mia grande stanza da lavoro, dove m’avevano trasportato fin dal principio della malattia, si riempi di persone, che tutte, d’un tratto, si misero, chi a sussurrare, chi