— 85 — 6 marzo Un sapiente dell’antichità ha detto che il peggior nemico dell’uomo, è l’uomo. Io l’ho provato ieri scrivendo nel mio giornale, che sono innamorato di Lidia. Finché un tale sentimento esiste soltanto nella coscienza, lo si può ancora combattere; ma quando viene formulato chiaramente o, espresso a parole o, fissato sulla carta, la lotta diviene impossibile. Diventa come un atto consacrato, per mano di notaio. L’uomo non è più padrone di sè ed opera sotto l’influenza di non so quali forze maligne. Oggi, p. e., avendo fermamente stabilito di non andare da Maria Petrovna, mi recai a pranzare al circolo. Questo circolo, al quale, prima, ero tanto affezionato, adesso mi dava l’impressione di un centro completamente isolato: sempre gli stessi visi, gli stessi discorsi, lo stesso pranzo. Prima, questa tradizionale ripetizione delle stesse cose ogni santo giorno la trovavo perfino piacevole, adesso mi produce una noia insopportabile. Dopo il pranzo, traversando la sala del bigliardo, vidi il vecchierello Trutnev, che giuocava col pallaio. Prima d’ora, non mi ero, si può dire, neppure accorto che questo Trutnev esistesse; oggi al vederlo, m’è parso di vedere il mio più caro amico. Bisogna sapere che Trutnev è parente degli Zibkin e va spesso in casa loro e quindi, parlando con lui, mi fu possibile nominare almeno due volte, Lidia Lvovna. Mentre parlavo con Trutnev, che era tutto meravigliato della mia insolita cordialità, comparve sulla porta della sala lo stimatissimo decano del circolo Andrea Ivanic. Ebbi subito il presentimento che mi avrebbe detto qualche cosa di spiacevole. E non mi sbagliai. — Che avete, caro il mio Paolo Matvieic — mi chiese in tono di compassione, scuotendomi la mano. Che brutta cera ! Come siete sbattuto !... — Che volete, Andrea Ivanic !... La vecchiaia.