— 118 — risvegliato dall’apparire di un nuovo personaggio. A qualche passo da me stava fermo un grosso gallo che mi guardava con grave insistenza. Cantò due volte, imperioso e brusco; fu scontento di non so che cosa, si volse indietro tutto rabbioso e se ne andò via, procedendo cauto con le sue zampettine, per l’erba, come un damerino della città capitato per caso in campagna e che ha paura di sporcarsi le scarpine verniciate... Questo gallo sembra venuto apposta per dissipare il mio sonno intempestivo e per rendermi alle delizie, cioè a dire, alla vita. « Dio mio — pensavo io, come invaso da una specie d’estasi — com’è possibile che io non Ti ringrazi? Ero già condannato a morte e a quest’ora, se non fosse intervenuto un Tuo miracolo, io sarei coricato nella fossa e non potrei deliziarmi di questo sole, di quest’ombra, di questa gran quiete. Il gallo avrebbe cantato a squarciagola, come poc’ansi, presso la mia tomba, ed io, quel grido, non l’avrei udito. Naturalmente io so che... l’ora non è lontana, ma..... debbo essere riconoscente di questa proroga che mi viene concessa, e cercare di trarne partito! Avvenga di me ciò che si vuole, oramai non mi è possibile di temer cosa che sia. Se io venissi a perdere ogni mio bene e mi trovassi costretto ai più duri lavori, dovessi anche trascinar l’esistenza del mendico senza tetto, neppure allora oserei mormorare. Dormire sulla nuda terra è pur sempre meglio che dormire sotto la terra. Nemici, io non ne posso avere; non vi è offesa che io non possa perdonare. Si sarebbe potuto credere che io non avessi odiato mai nessuno in vita mia, come avevo odiato Miscia Koselskij; ebbene, adesso, anche a lui, penso senza alcun senso di amarezza. Fra tre settimane andrò in villa, da Maria Petrovna e vi passerò il resto dell’estate. Lì, in campagna, alla fine di agosto, si farà il matrimonio di Lida, ed io ho promesso di farle da testimonio. Non posso pensare senza tenerezza a quella bambina deliziosa, sebbene