— 167 — Dio sa il perchè... ora sono tre anni — mi recai io da lei. Era malata, ma mi ricevette. Fino allora noi, nei ritrovi, ci eravamo spesso incontrati, e questi incontri talvolta, mi toglievano il sonno e suscitayano in me, fugaci allarmi, come presentimenti lontani... Ma, allora nell’anima mia, quel sentimento vìveva confuso, come sotto il ghiaccio vive il fiume turbolento. Essa era malata, ardeva il suo volto e, nel fuoco della febbre, con quale ardire, con quanta audace intrepidità il suo sguardo profondo mi percorreva dal capo al pie’!... Dalla bianca lampada, la luce si spandeva dolcissima. Le ore volavano. Noi, in due, soli, scherzando, ridendo, parlavamo di tutto, e la serata tranquilla, scorreva innavertitamente. Intanto nel cuore, come in un albergo di follia, la foga poderosa della passioue, cresceva, saliva... Lei... comprese tutto; ma io... non comprendevo. Non rammento com’io da lei mi distaccassi, come uscissi, fra la nebbia, nel peristilio. Quando la notte muta mi percosse sul volto io capii che attratto io ero, irresistibilmente ai piè, di quella donna... e in dolce oblianza fornai a casa... Ah! lontano, lontano da me o mie rimembranze! 7 febbraio Perchè mai, del passato, la foga assillante ha essa invaso, come un’uragano, la mia vita, è ha risvegliato incautamente là serpe che mi sonnecchiava nel petto ? Questa mi ha di nuovo ficcato il suo pungiglione nel cuore,