— 195 Quel che ho sofferto io, di malattie, di amarezze... Signore!., voi dottore, lo sapete... E dov’è Sascia?... No, è là con sua moglie. Dio sia con lei! Togliete via quel ritratto, in uniforme, vicino a voi: involontariamente mi perdo di coraggio appena incontro lo sguardo di quelle fredde pupille. Tutto, in essa, è tormento per Sascia: la civetteria senza [scopo, il carattere infernale, la intrattabile ostilità contro la famiglia nostra. Voi avete conosciuto Sascia fin [dalla sua infanzia: non si lamentava, da bambino, mai, e qui, l’ultima volta, — ma resti fra noi — egli cominciò a parlarmi della moglie ; poi, d’un tratto, tacque, mi cadde sul petto e pianse lacrime da bambino, impotenti. lo, agli uomini, tutto ora dovrei perdonare, ma, lo confesso, quelle lacrime non le ho perdonate... E prima, come gli voleva bene, che angelo pareva! Ecco là Olia (1) coi bambinetti. Per questi, morendo, sono tranquilla. Natascia (1), angelo mio, mi ha messo addosso i suoi occhietti, come viva e vuol saltar fuori dalla cornice dorata. Mi fa male muovere la mano. Beneditemi almeno voi... Vi sembra ridicolo, vecchio ateo! Ma, che fare?.. Dio perdonerà. Ecco, così; e ora... aprite la finestra. Come l’aria è fresca e pura, come rapide le nuvolette bianche volano per i cieli impenetrati, crudeli.. Già, ancora una cosa: ai miei funerali (1) Olia, Natascia — diminutivi dei nomi Olga e Natalia.