— 178 — Io, nel tempio del Signore sfolgorante di luci, entrerò scalzo e vestito di cenci. E sopra l’anima quasi dormente in quete nella bara, come onda impercettibile, il tempo passerà e all’altra morte, — a quella crudele, vera — si farà per me, insensibile il passaggio. Per una oscura e stretta scala, passo a passo, con difficoltà io sono andato scendendo ! Ma prossimo è il [giorno in cui mi scuoterò, e, gettando il bordone del pellegrino, scenderò l’ultimo grado. Addormentati, o core! La dolce giovinezza non ricordare! E’ finita la lotta. . Oh, Signore, adesso, Tu abbi misericordia; perdona allo schiavo ribelle, dissennato! La sera dello stesso giorno. Essa mi chiama ! Come dal cielo, inaspettata folgore in una giornata fredda e nuvolosa, cinque righe di suo scritto mi sono piombate addosso... Che è mai ciò? Delirio?... O sogno impossibile e strano?... Cinque righe soltanto... ma, cento libri sapienti mi avrebbero detto assai meno. Nel petto è risorta la forza • e una gioia tremenda, folle, in un istante tutto me stesso ha infiammato e ghermito! Oh, sì! Folle io sono! Che m’aspetta? La vergogna! Non ho la forza di ponderar le decisioni ; a lei è necessaria la mia vita, che vale ragionare? Quando tutti i fratelli si recheranno alla chiesa, io, alla vigilia della vestizione, da qui fuggirò, come ladro che ascolta se è inseguito e teme d'essere colpito... Domani poi i frati mi sottoporranno a giudizio