648 20 Aprile. ali; infame autore del libello Segnato : MOLTI CITTADINI VERI ITALIANI E REPUBBLICANI. Venezia li 40 aprile 1848. Tip. Molinari. Jeri io fui là per cacciarmi una pistola fra mani, fui là per fami saltar in aria il cervello, gridando : viva l’Italia e Pio Nono. Oggi sono un altro uomo: — oggi dopo alcune ore di lagrime di cui ho bagnato la fossa che rinserra mia madre — mia madre che pur mi ha delto morendo che sulla terra io sarei stato infelice, oggi io rientro nel mondo con la testa alta, col cuore più libero, con la fronte serena : — di questi crudeli dolori offro con gioja un sacrificio all’Italia. Segnata del sedici e comparsa furtivamente al dieciotto (forse perchè 1’ anima rea che P ha pubblicata ha lottato col rimorso due giorni), una turpe scrittura annunciava, fra molti, il mio nome; ha slanciala la maledizione e scomparve. Scomparve esecrata dalla pubblica indignazione. — Mentre sotto Palma, sotto Vicenza, ai posti avanzati verso Verona, verso il Tirolo, i nostri fratelli di Venezia combattono la guerra santa, e per noi, per la libertà dell’ Italia spargono il sangue ; una man ladra, una spia austriaca, un sicario venduto al nemico, un affamato che vuol sedere per forza in un pubblico officio, si mette la maschera, pianta il suo tribunale sulle colonne, e delatore, commissario, giudice, boja, mi mette le strettoje ai polsi, il capestro al collo e mi strozza. Sono reo, in faccia a questo turpe satellite, di avermi gittato sulle spalle una valigia in Settembre, di aver corse a piedi per un mese le Alpi, di aver visitato le nevi del S. Bernardo, di aver superato il Sempione, il S. Gottardo, lo Spluga, di essere tornato a Venezia con 1’ anima italianamente più franca, con la parola più libera, con la determinata intenzione manifestata agli amici, di tomi agl’impieghi, nei quali, sotto l’Austria, mi si logorava la vita. Dillo tu, Giuseppe Soler, fra gli altri; rendi tu di pubblica ragione la lettera ch’io t’ho scritto in quei dì dalla Svizzera_, al di là dell’Austriaca frontiera; —- la lettera dove li parlo il linguaggio dell’anima, dove ti esalto quel popolo che combatteva appunto allora gloriosamente 1’ ultima lotta della interna sua indipendenza. E se non ho rinunciato così subitaneamente al mio posto, — sarà stato forse anche perchè avrò mancato di quel magnanimo coraggio civile di cui erano investiti i due martiri che adesso sono i due primi cittadini della Repubblica; — ma fu essenzialmente perchè da dodici anni io sono orfano sulla terra e divido il mio pane co’ miei fratelli che non ne hanno; perchè, se mi fossero tutto ad un tratto venuti meno i mezzi di sussistenza, i miei fratelli avrebbero dovuto patire; perchè stavo creandomi una diversa esistenza civile quando