707 Testilo che vi capitasse; non vogliale, dopo la prova di coraggio e di prudenza che giorni sono avete data grandissima, permettere che la calunnia abbia un nuovo pretesto di mordervi. Ci và del vostro onore. Voi, facendo risorgere la Repubblica, avete riparato alle viltà dei vostri padri, che l’avevano abbattuta in un eccesso di demenza e di corruzione; ma voi, non vogliate ora, per Dio! commettere una %i!tà più innesta, e meno, scusabile, abbattendola di nuovo. E ci và del vostro interesse. Lo stato veneto aggregato ad un regno ( perchè da sè solo non potrebbe far mai un regno — e non abbiamo tra noi uomo che possa essere re ) perderebbe ogni importanza; e Venezia non diventerebbe che una città secondaria, una città dipartimentale, o provinciale, chè i nomi non fanno. Ricordate-velo. Allora avrete il bel gusto di avere dei conti, dei visconti, dei marchesi, dei cavalieri, che vi cavalcherebbero come bestie da basto o da soma. Per carità, non date questo gusto alla nobiltà ed alla aristocrazia danarosa. La nobiltà e Paristocrazia non hanno fatto nulla per voi; ed ora voglion far tutto per sè. Che se in Lombardia l’aristocrazia ha fatto qualche cosa, anzi molto per la redenzione di quella bella parte d’Italia; se dessa merita un premio, e se lo vuole, se l’abbia, pure: ma noi non dobbiamo nulla, o pochissimo, alla nostra aristocrazia, meno poi le dobbiamo la nostra rovina. Alla nobiltà quello che noi dobbiamo, si è una generosa compassione, e il non rammentare ad essa che sconobbe la propria dignità, e che avvilì i suoi padri, e che oltraggiò la patria e le sue memorie, permettendo che nei baccanali noi parodiassimo e deridessimo i suoi vecchi i quali alla patria ed alia religione aveano pur lasciati tanti monumenti di valore e di fede. Vi si dirà che dovremo però qualche cosa a un principe che ci soccorre attualmente; e certo gii dovremo qualche cosa, vale a dire la nostra riconoscenza, e il risarcimento delle spese delia guerra da esso incontrata per noi. Ma non gii dovremo mai una viltà, come sarebbe quella di farci sudditi ora che siamo padroni. Egli venne a soccorrere i suoi fratelli, non venne già a comperarli. Nessuno sforzerà le vostre volontà colle armi, perchè nessuno oserebbe farlo, os a che lutti i principi, se vogliono mantenersi sul trono, devono rispettare ìe nazionalità e le tendenze dei popoli a governarsi da loro stessi. A questo patto i re indugiano la loro ritirata, o ritardano la loro espulsione. Ma non solamente dovete mantenere salda contro l’ urto dell’ altrui ambizione e cupidigia la vostra Repubblica, per l’onor vostro e per l’interesse comune. Venezia per la sua posizione è un importantissimo punto e la chiave d’Italia; e mantenuta libera, allontanerà i barbari che venissero dal suo mare, ella che protesse già 1’ Europa dalie invasioni delìu armate Turchesche. Essa custodirebbe il sacro fuoco della libertà, anche nella ruiua delie città sorelle, che fatalmente'si fossero lasciate costituzionali zzare, e basterebbe anche soia a paralizzare gii sforzi dei re che prevaricassero; perchè l’Italia non potrà mai dirsi schiava, i re non potranno mai dirsi padroni d’Italia, quando Venezia sarà libera. Elia, che ha potuto resistere alla lega di Cambrai, quando popoli e re stavano contro di lei, come non potrebbe resistere alle tresche nuove dei re, allora, che tutti i popoli starebbero dalla sua parte? Venezia tra breve non temerà di nessuno, e coi suoi figli delia città e della terraferma, che si ri-