602 molti, o coutenti o sufficientemente soddisfatti, tacendo, il rumore dei pochi viene a parere la voce del popolo, la voce di Dio. Codesto non deve ispirare nè cieca fiducia, nò cieca paura: conviene ascoltare tutti, e di tutte le opinioni^ massimamente in governo di Repubblica, saper profittare. Bisogna per altro ingegnarsi di dileguare gli errori, se mai ce ue fosse, i quali dan luogo ai rimproveri ingiusti. Rimprovero ingiusto di taluni delle provincie egli è il dire che il governo provvisorio intenda stabilire disuguaglianza tra le varie, parti del medesimo stato. Che nel primo momento non si potesse provvecfere agli urgenti bisogni e pericoli, convocando sull’atto da tutte le provincie un Consiglio deliberante, ognuno che abbia letto la storia, e che s’intenda punto delle pubbliche cose, lo sa. Noi veggiamo in Francia, paese da mezzo secolo esercitato ai moti, or tempestosi, ora regolali, ma sempre rapidi, della libertà, noi veggiamo in Francia il governo della Repubblica da quasi due mesi durare provvisorio, senza che le provincie lo assalgano d’improperii e calunnie. Se qualche cosa simile all’improperio è venuta dà qualche parte al governo presente della Repubblica veneta, non è da farsene meraviglia. Noi non siamo, ancora educati alla libertà; 11011 sappiamo nè quel che bisogna a prepararla, nè quello che può pollarle più minaccioso pericolo. Vogliono a un tratto la grande unità della nazione, ed intanto cominciano dal lacerare quella misera unità di provincia, che l’Austria stessa ci aveva, a forza di catene e di ceppi, al modo suo, conservata. Se Je discordie durassero, che non sarà, si direbbe che a tenerci in qualche maniera uniti, ci bisognano le catene. Intanto si desidererebbe sapere quali atli abbia commessi il governo presente della Repubblica per meritare il titolo di tiranno. Pochi giorni dopo il suo avvenimento, egli ha chiamata una Consulta, per interrogare i desiderii delle provincie, e per portare d’accordo con essa la legge delle elezioni, dalle quali uscirà il Parlamento. E cpiesta Consulta, venendo di per sè sola a squittino sul punto dell* associare al governo presente inviali delle provincie con voto deliberativo, ebbe per questo partito sole tre voci, e le altre tutte contro; perchè riconobbe che il Parlamento era presso; che l’indugiare a adunarlo non dipènde e non dipenderà mai dal governo ; e che intanto impacciare gli atti del governo con moltiplicare le varie opinioni dei deliberanti, sarebbe almeno superfluo. Siccome nella Lombardia, così nella Venezia, elettori saranno tulli i cittadini forniti dei diritti civili; così almeno desidera il Governo che sia, e non attende se non il volo della Consulla per promulgare siffatto principio: tant’egli è tiranno. Nel Parlamento, la volontà di ciascuna provincia, di ciascun distretto, nella debita proporzione, avrà parte: Venezia, A icenza, Legnago, Bovolenta saranno nel diritto politico uguali. Il simile s’intende di fare in Milano; e ci giova sperare, e bramiamo ardentemente, che la legge delie elezioni, e nell’uno e nell’allro paese, riesca uguale in tutto. La parità dei diritti e dei doveri il Governo sin dal principio ha annunziata, la parità dei diritti e dei doveri, sino all’ultimo del suo esistere, manterrà. . Delle sue disposizioni fraterne verso le provincie egli crede aver dato già saggio. Ài chiedenti armi, munizioni, milizie, danaro, ha mandato