747 S. Marco starà esposta alla pubblica venerazione la sacra Immagine di Maria Santissima, e si faranno le Rogazioni di uso per tre giorni continui, cioè dal p. v. sabbato 29 corr. sino al lunedi sera i.° m-iggio, e che nei tre giorni successivi della settimana stessa si farà altrettanto in ciascuna parrocchia. Di più si leggerà in tutte le Messe l’orazione Deus qui conleris bella, in luogo dell’altra già in corso Deus refugium nostrum, fino a tanto che piaccia a Dio ridonarci stabilmente la pace. Noi confidiamo che il buon popolo veneziano ci darà anche in questa occasione una nuova prova della sua tante volte dimostrata divozione verso la Santissima Vergine, concorrendo in buon numero a queste pie pratiche, e conservando sempre un contegno grave, tranquillo, morigerato e cristiano, qual si conviene specialmente in un tempo di pubblica tribolazione. Nè possiam dubitare che il nostro venerabile Clero, sì secolare che regolare, animato coni’è dallo spirito della sua vocazione, vorrà precedere il popolo, come fa sempre, coll’esempio di una soda, edificante pietà. Speriamo anche in voi, o Vergini a Dio consecrate, che nel silenzio del chiostro, ove non giunge lo strepito delle mondane vicende, potrete con più di raccoglimento e fervore implorar su di noi le Divine misericordie, delle quali abbiam tanto bisogno. Oltre a questi abbiamo ancora un altro conforto, il maggiore di tutti, ed è il pensare che alle nostre preghiere si uniscono anche quelle di Pio, il quale, avendo già spediti a combatter per noi, come gli altri principi italiani, i suoi prodi guerrieri, tien sollevate, qual altro Mosè, sulle vette del monte quelle mani, che attirano su tutto il mondo la pienezza delle celesti benedizioni, e di cui specialmente la nostra Italia ha già sentiti i benefici effetti. Chiniamoci profondamente anche noi, o dilettissimi, sotto quelle gran mani, che ci benedicono anche in questo momento, e non avrem nulla a temere. Venezia, dalla nostra residenza patriarcale il di 28 aprile 4848. * J. CARD. MONICO PATRIARCA. D. Gio. Batt. Ghega, Cancelliere patr. Da lettera di uno de’più eletti ingegni italiani, togliamo parole, sulle quali giova che la meditazione degli uomini politici si fermi alquanto Al Generale Carlo Zucchi! .... Non è senza gran mistero del provvidente consiglio di Dio che voi, per mezzo a infinite sventure e pericoli e in modi cosi straordinarii e quasi direi favolosi, siate stato riserbato a questo giorno novissimo, in cui s’adempie la redenzione finale di nostra patria. Non è senza mistero eziandio che a voi toccasse per ultimo campo del valore e del senno vostro guerriero cotesta città e cotesti popoli, situati ai confini d’Italia e naturali custodi dell’Alpi. Io non ho meco una sì gran dose di vanità perchè io presuma, non dico di consigliarvi, ma di parlare con esso voi di cose militari e di quelle segnatamente che avete ora tra mani. Solo vorrei farvi intendere (ricordandomi dell’indole vostra, lontana da ogni albagia) che a voi si conviene al presente di porre in disparte la natu-