549 le esagerazioni spinte fino al burlesco e soprattutto lo scopo di quella semplice informazione, tendente a provare che Cesare Cantù si era sen^-pre mantenuto suddito fedele dell’Austria, e che ingiuste erano pertanto le persecuzioni di cui l’austriaca polizia lo aveva latto segno, non fecero che destare un momentaneo riso di compassione per un uomo che un soverchio amor di se slesso faceva delirare; e Cantù e la sua semplice informazione furono abbandonati all’oblio. Lo smisurato suo orgoglio ne fu offeso; ed egli che si aspettava di essere accolto in Torino a suon di campane, in processione, e colle torcie accese, si sentì non poco umiliato che nissuno si curasse di lui. Tornato a Milano, al 26 marzo ei pubblicava una lettera intitolata l’Orrore la quale è infatti un orrore di adulazioni a sè medesimo, d’impertinenze contro gli altri e di smaccata ciarlataneria; se si può chiamar ciarlataneria la iattanza, la superbia, la menzogna, la calunnia, l’ipocrisia, la falsità, la petulanza, l’impudenza che caratterizzano quel foglio. Come infatti un uomo che dal 24 gennaio al 24 marzo era stato costantemente in Torino, nel descrivere quello che non aveva veduto, potè falsificare quello che aveva veduto, e scrivere senza arrossire che mentre Milano nei cinque memorabili giorni della sua lotta pativa gli orrendi strazi degli Austriaci, i vicini polenti (il Ile di Sardegna) non accorrevano a soccorrerlanon mandavano in nome dell’umanità una protesta potente contro lo strazio, non armi e munizioni? e più abbasso nel dar lode e riconoscenza ai Novaresi, ai Lomellini, ai Genovesiche non paghi di fabbricare e spedire munizioni, accorsero in persona, e vi stanno ancorafacendo una maligna allusione al governo sardo, osserva che vi sono ancora barriere tra popoli e popoli, e con un’altra maligna allusione ai Torinesi aggiunge che gli uni (i Torinesi) guardano con indifferenza il mal degli altri (i Milanesi)? Eppure il Cantù era in Torino quando a Milano fu pubblicato il giudizio statario, ed ei fu testimonio del senso d’indignazione, di orrore, di rabbia che destò nell'animo di ciascuno, persin de’fanciulli; ei fu testimonio delle adunanze che si facevano ogni giorno, anzi ogni ora per consultare sui modi di soccorrere i Milanesi; modi che, per dire il vero, non erano i più facili a trovarsi; egli era a Torino, quando ai 27 febbraio fu celebrata la festa della costituzione, egli era a Torino e formava egli stesso parte del drappello de’ Lombardi, che a lutto, mesli e taciturni sfilarono dinanzi al Re, e potè aver osservato la dolorosa sensazione che produssero nel R.e, e potè aver saputo, quello che tutti seppero, f esclamazione patriottica che sfuggì di bocca a Carlo Alberto ; egli era a Torino quando da tutti si gridava guerra, guerra, e che da soldati e cittadini, da uomini e da donne, da vecchi e da fanciulli si voleva guerra; e che lo scaduto ministero, il quale nutriva pensieri diversi, fulminato per ciò appunto dalla pubblica opinione, dovette dimettersi. Egli era a Torino, e poiché egli frequentava la casa dei conte Cesare Balbo, non poteva ignorare i travagli durati dal Re per ben otto giorni, onde comporre un ministero conforme alle sue viste ed ai desiderii del popolo : e qui dicasi che la maggiore difficoltà stava appunto nel mettere di accordo 1 ministri relativamente alle eventualità di una dichiarazione di guerra.