440 9 Aprile. (dalla Gas sella) GL’ ITALIANI DELLA LOMBARDIA E DELLA VENEZIA AI TEDESCHI DELL'AUSTRIA. Indipendenza e nazionalità; ecco ledile magiche parole, che, impresse da Dio nel cuore degli uomini, coltivate con lungo amore dagli sludii de’sapienti, annunziate eloquentemente dalle tribune parlamentarie, diffuse perla voce amplissima de’giornali, passate da ultimo dalla regione delle idee a quella dei fatti, disciolsero come in ruderi l’antico mondo politico, e stanno ricostruendone un nuovo, a cui le nazioni riguardano con ansia di gioia e di mara\ig!ia. Al suono di queste parole, il popolo di Lombardia e di Venezia si L scosse d’un fremito universale e tremendo, discacciò le aquile e le baionette straniere, e corse come un sol uomo ad abbracciarsi, a confondersi colla sua Italia redenta. Al suono di queste parole medesime, il popolo di Austria si avvide che, malgrado la pompa di una corte, malgrado gli splendori di una capitale, esso non era popolo indipendente, non era nazione. Si avvide che dipendeva da un governo, il (piale, operando nel mistero, lo escludeva da ogni cognizione, da ogni ingerenza ne’suoi più cari interessi, che gl’impediva ogni manifestazione della parola e della penna che adulazione non fosse, che, tenendo avvinti colla catena medesima popoli repugnanti e diversi, e pur volendo farsi credere italiano a Milano, Boemo a Praga, Ungherese a Pest, Croato in Agram, riusciva ad essere riguardato da per tutto straniero, per fino a Vienna ; talché i giornali germanici ebbero a protestare teste che l’impero austriaco non è impero tedesco. Ora, anche l’Austria volle essere indipendente, volle essere nazione, volle poter rivolgersi liberamente e stringersi alla sua grande patria tedesca, che, francala dalle moltiplici tirannie, riappare cinta di nuova luce e propugnacolo di libertà all’Europa rigenerata. Da questi impeti generosi erompeva, o fratelli, la vostra stupenda rivoluzione di marzo. Da questi impeli stessi erompeva contemporaneamente, e, lasciatemi dirlo, non meno stupenda, la nostra. Or dalla nazionalità sorge la fratellanza dei popoli. L’aguzzino, che batte il povero carcerato, è aneli’esso un povero prigioniero, che balte perchè pende sopra il suo capo la verga del carceriere. Riponete in libertà questi due uomini : il carcerato gitterà la catena, l’aguzzino la verga, si baderanno e festeggeranno insieme il dono di Dio. Tale avviene di voi, di noi. INoi schiavi in catene, voi, non meno servi di noi, battevate per non essere < battuti dal carceriere. Ora il carceriere è scomparso. Voi, Tedeschi, rientrate gloriosi nella graude famiglia germanica; noi, Italiani, rientriamo nella nostra cara famiglia italiana. Non più si parli di oppressori e di oppressi, non più odii, non più rancori: noi siamo tutti liberi; saremo amici e fratelli. Così vuole il tempo, così vuole la ragione, così vuole Iddio, che ha creati i popoli per aiutarsi ed amarsi, non per opprimersi e per odiarsi. 29