La senil tirannia, che all’Istro in riva Bevve per sette lustri il sangue nostro, Finalmente briaca e semiviva Vacilla e cade, detestato mostro; La giustizia del ciel che la colpiva, Segnò il suo fato coll’eterno inchiostro, Quando, raggiante del favor di Dio, S’ assise in Vaticano il nono Pio.* Su, Veneti e Lombardi, ogni contrada Assiepate di lucidi moschetti, Cingete al fianco la temuta spada, Arda il patrio valor nei vostri petti; Inerme libertà convien che cada, Splendida d’armi, che s’afforzi e assetti: Stringa la nostra man l’armi or concesse, E se dobbiam morir, moriain con esse. Ma se morir dobbiam, la nostra vita Vendiamo a prezzo di tedesco sangue, E sin che l’alma sia dal sen partita Si pugni e vinca ancor col braccio esangue. Marci la nostra gente insième unita E mostri che il coraggio in lei non langue Prenda la Croce e con sicuro ciglio Baldanzosa cimenti ogni periglio. E se natura a noi ferino il volto, Come a’nordici barbari nou diede; Tale all’ Italo in fronte indole ha scolto, Ch’è di nobil valor caparra e fede: Snelle le membra, agile il corpo e sciolto, Destra all’armi la man, leggiero il piede, Sagace il senno e pronto l’intelletto, E caldo il cor d’ogni sublime affetto. Su, Veneti e Lombardi, alla caduta Aquila imperiai tarpate i vanni; Vi guarda Europa intera, e voi saluta Debellato!’’ dei perfidi tiranni : Perchè sia Italia al prisco onor rondata Non temete incontrar guerrieri affanni; Breve la pugna fia, somma la gloria. La vendetta sicura e la vittoria. Già de’ tamburi il tremoroso io sento Strepitante pulsar; la vostra schiera Spiani i moschetti e con feroce intento Vibri sullo slranier grandine fiera; Carchi, e raddoppi i colpi, e d’ardimento Piena con l’arte lo rincalzi enferà: Di sè non curi, e della patria in core Abbia sol la salvezza,‘abbia l'onore.