451 indipendènza italiana. Perchè dovete sapere che, non solamente noi Lom-bardo-Veneti, ma lutti (pianti siamo Italiani, dall’Alpe al Capo Lilibeo, abbiamo irrevocabilmente fermato nell’animo, e giurato nel nome di PIO, di non voler neppure un palmo del nostro terreno calcato da dominazione straniera; che abbiamo irrevocabilmente fermato nell’animo, e giurato nel nome di PIO, di combattere per questa causa lin che avremo un pezzo di legno alle mani, una stilla di sangue nelle vene: ed hanno giurato con noi le nostre donne, i nostri fanciulli. L’Europa incivilita e libera non sarà indifferente a questo tremendo spettacolo; il vostro governo si troverebbe involto in una guerra europea, della quale se Italia piangerà, non pare che Austria avrà cagione di riso. Nè alcuno di voi ci opporrà le istituzioni liberali, che di recente il vostro governo ci offriva. Lasciando stare che i governi, come gli uomini, j non mutano pensieri «d inclinazioni dal mattino alla sera (perlochè vi ' consigliamo di non affidarvi troppo alle concessioni pubblicate fra lo sparo delle artiglierie e sui cadaveri dei vostri figli), voi, Austriaci fratelli, siete troppo intelligenti per credere, troppo leali per darci a credere, che quelle f concessioni oscure, indeterminate, potessero bastare al bisogno nostro imperioso, d’indipendenza, di nazionalità. In una Camera di rappresentanti di diverse lingue, genti e tribù, raccolti in Vienna, nel frastuono quasi babelico di ungherese, di tedesco, di slavo, nell’agitazione di tanti interessi si diversi e lontani, figuratevi qual parte si darebbe a pochi deputati italiani, di cui forse non sarebbe bene intesa la lingua, e certamente non compresi i bisogni, perciò o non mai, o tardi e imperfettamente esauditi! E poi, ditemi in fede vostra, quale uopo che gl’italiani si facciano governare da Vienna, vengano a Vienna a chiedere provvedimenti? Gl’Italiani lombardo-veneti sono usciti già di minore, ve ne facciam guarentigia, sanno governarsi da sè, non abbisognano di tutela tedesca; hanno una patria, una grande, una bella patria, che loro apre le braccia per accoglierli negl’interessi, nelle speranze, nelle glorie comuni. Addio, Tedeschi dell’Austria, noi vi diamo il saluto del congedo, ed il saluto ad un tempo dell’amicizia. Il nostro odio, popolo dell’Austria, dovevate bene intenderlo, non era per voi; il nostro odio, profondo come I‘ inferno, lungamente nudrito come il dolore, tremendamente scoppiato come la folgore, era tutto pel governo clic opprimeva voi e noi; era pel sistema dell’abbrutimento, di cui taluno dei vostri era simbolo presso di noi: noi non odiamo il popolo dell’Austria, perchè non odiamo nessun j popolo della terra. Noi adunque, nel separarci, vi diamo il bacio dell’amicizia : ma questo bacio richiede un patto sacrosanto fra noi, da giurarsi sull altare dell’indipendenza, della fratellanza delle nazioni. Se mai il vostro governo, cedendo alla voce di qualche suo cordiale nemico, intendesse, come che sia, a ricacciare armata mano la Lombardia e la Venezia sotto il giogo, giurate, giurate tulli di separarvi da lui. Vedremo se l’Ungheria, palpitante di libertà, unirà le generose sue spade alle lance co-sacche, ausiliarie immancabili di tanta impresa! Vedremo se i valorosi figli della Slavonia verranno a stringere di nuovo le gloriose catene del lor Tommaseo! Voi intanto, popolo principe dell’impero, giurate che non aiuterete gli eredi di Mettermeli ed i Russi ad uccidere la libertà. La libertà