531 giudicanti i nostri diritti, ignari di nostra lingua c d’ogni nostra consuetudine. C’impose leggi bastarde, inefficaci per la loro inoliiplicità; c’impose una procedura criminale lunghissima, inestricabile, ove non era di pubblico, di solenne, di vero che la sentenza e la condanna, la prigione e la gogna, il carnefice ed il [latibolo. C’impigliò in una rete di regolamenti civili e militari, giuridici ed ecclesiastici, tutti inceppanti, tutti mettenti capo al centro di Vienna, che doveva aver sola il monopolio de’pensieri, delle volontà, dei giudizii. Ci vietò ogni sviluppo di nostro commercio, di nostra industria, per servire agl’interessi delle altre provincic e delle fabbriche privilegiate erariali, privata speculazione de’viennesi oligarchi. L’ordinamento municipale e comunale, antico vanto di queste contrade, prezioso deposito del lucido buon senso italiano, assoggettò a una tutela minuziosa, molesta, tutta negl’interessi del fisco, tutta rivolta a stringere, a impastoiare. La religione finse proteggere per usarla a strumento di dispotismo, e la fe’schiava delle ignobili sue paure. Alla pubblica beneficenza tolse ogni azione spontanea, la intricò nelle lungaggini amministrative, la ridusse una docile macchina dell’aulica onnipotenza. Non Sermise, od a stento permise, ed armandosi delle cautele più basse, che la carità citta-ina sorgesse a soccorrere la pubblica miseria, a frenare e purgare il contagio della coi -ruzione, abbandonato a sè stesso sulle vie e ne’ tuguri!, ne’ ricoveri e nelle carceri. Si impadronì del patrimonio de’ pupilli, obbligando i tutori ad investirlo nelle carte pubbliche, lasciate alla balìa delle misteriose sue frodi. Le professioni liberali ammiserì, as soggettando il loro esercizio alle prescrizioni più grette, più vessatorie. Perseguitò la scienza italiana, cercò distruggerla coi moltiplici studii introdotti nel pubblico insegnamento, lutti falsati, tutti coniusi, perchè l’idea non restasse in noi libera, perchè il peso e la massa fiaccassero lo slancio e facessero abortire 1" ingegno. Sollevò ridicoli scrupoli, inciampi odiosi e infiniti alla stampa italiana, alla diffusione della stampa forestiera, per mortificare in noi l’intelletto ed il cuore, per appartarci dalla civiltà europea. Insidiò, martoriò gli uomini più chiari, protesse in cambio lo intelligenze e le nature servili: organizzò la vendila infame delle coscienze: organizzò in esercito lo spionaggio: eresse la delazione e il sospetto in sistema: fe’ arbitra la polizia della libertà, delle vite, delle fortune: imputò co.lpa al desiderio, inflisse pena alla parola, intimò minaccia al pensiero : confuse e disperse ie vittime del patrio amore con gli assassini a coi falsa rii. K tutto questo, e di peggio, noi soffrimmo per tanti anni; soffrimmo l’onta che ce ne gravava in faccia a noi stessi, in faccia all’Europa: tutto soffrimmo col coraggio della pazienza, procacciando a grande studio che in noi non si spegnesse la favilla del sentimento nazionale. Poco aspettavamo, nulla desideravamo dal governo austriaco; ma ci ratteneva l’idea della terribile responsabilità che ci saremmo addossata, gettando forse prematuramente, in mezzo all’Europa la gran quistionc della nostra indipendenza. I moti del 1821 e del i83o ci agitarono, ci scossero nel profondo, e il grido che usci pel mondo delle crudeli torture di Spielberg annunciò quanti nobili ingegni, quante anime ardenti avessero fra noi giurato sin d’allora di sacrificarsi alla causa nazionale. Tuttavia il paese intero continuò nella sua longanimità, nella sua perpetua, ma tacila protesta contro il governo austriaco, e mostrò d’essere deliberato ad aspettare sino a quel giorno, in cui tosse colina la misura delle sue oppressioni e della nostra pazienza. E quel giorno venne. Alla voce del gran Pontefice, che Dio suscitò per la salute d Italia, per l’affrancamento di tutte le genti cristiane, noi ci Sentimmo rinfiammati di tutti i nostri cittadini aQelli; noi ci sentimmo più che mai Italiani. Fattici del suo nome *1 simbolo delle nostre speranze, de’ nostri intenti, cominciammo ad offendere gli animi nostri da si gran tempo compressi, a manifestare il nostro sentimento nazionale con un tributo unanime d’ammirazione, di gratitudine, d’amore a Pio IX. Ed ecco il governo austriaco spiegar tutto l’apparato della sua forza per impedire che ci mostrassimo cattolici ed Italiani, per farci complici quasi del suo odioso attentato di Ferrara: eccolo rompere ogni freno alla cieca e crudele ira sua, e sull’inerme popolo milanese, festeggiente nel nome di Pio IX l’ingresso nella sede del suo novello arcivescovo, sguinzagliare i suoi sgherri, i suoi soldati trasformati in ¡sgherri, e imbrattare di sangue »'colpevole le piazze e le vie. Ah! quel sangue avrebbe dovuto farci gradir guerra ii-•econciliabile al governo austriaco; e pure noi avemmo ancora pazienza: volemmo vedere, dolemmo che l’Europa vedesse fin clove potesse giungere il dispotismo della Casa di Lorena. Da qi iel giorno noi ci demmo a moltiplicare le proteste, i reclami, le domande: le congregazioni centrali, le provinciali, le municipali, tutti i corpi costituiti, amministra-tlv,> giudiziarii, scientifici, i cittadini più distinti si associarono, senza sapula gli uni d -